The Bay, la recensione
L'ultimo film dell'orrore realizzato con la tecnica del found footage è del regista di Rain Man. Ed è la stranezza vecchio stampo che vi aspettate che sia...
Anche Barry Lenvinson, da buon ultimo, approda al found footage movie e lo fa cercando di fonderlo con il fintodocumentario, realizzando una specie di reportage narrativo, in cui la protagonista, a fatti svolti, ricostruisce l'avvenuto mostrando e commentando molto materiale "amatoriale" rinvenuto a margine della catastrofe.
La scelta del found footage è come sempre una di realismo e di indagine delle nuove forme di produzione video, cioè come le nuove tecnologie video che riempiono la quotidianità possano creare un racconto delle singole vite attraverso storie da cinema. Eppure in The bay non c'è mai quella svolta appassionante che il found footage trova nè quelle caratteristiche di indagine dell'immagine che sono proprie del genere.
Facce sventrate, corpi dilaniati, qualche colpo ad effetto e animali schifosi sono le sue armi e non quel senso di violazione della quotidianità che il found footage migliore riesce a creare, nè si fa forza di un'altra caratteristica affinata dal cinema fatto come video amatoriale (specie da Rec e Cloverfield), cioè che chi inquadra spesso mostra le cose "sbagliate" o non mette a fuoco quel che un regista sceglierebbe di guardare, frustrando lo spettatore e aumentando la suspense, poichè la parte importante viene negata.
Privo di una visione chiara del genere scelto il risultato è cinema molto molto moscio.