Alla ricerca di Jane Austen, la recensione
Sfuggendo i soliti schemi, lavorando di fino sul confine realtà/finzione, Jersuha Hess realizza la commedia romantica più divertente dell'anno. Fossero tutte così...
I coniugi Hess sono il duo di autori più strano e meno classificabile prodotto dal cinema americano degli ultimi anni. Perchè anche chi fa cinema assurdo e demenziale, a modo suo, è classificabile, invece le commedie che solitamente scrive Jerusha e dirige Jared si presentano come convenzionali ma sono animate da un tono e soprattutto da personaggi fuori da ogni schema, dei veri inni all'umanità più triste e desolante.
Come sempre nei film degli Hess i protagonisti sono dei perdenti in cui è impossibile identificarsi, che si presentano all'inizio della storia con pochissimi tratti piacevoli (anche Keri Russell che di suo sarebbe attraente, fa di tutto per imbruttirsi, almeno inizialmente), freak che vivono una vita dalla miseria umana e dalla tristezza incomparabili. Stavolta la derelitta del caso è una maniaca di Jane Austen che vive in una casa piena di oggetti kitsch in stile britannico, ossessione che le impedisce di trovare un ragazzo come vorrebbe. Per sublimare la sua mania spende quasi tutti i soldi che ha in una gita in un parco a tema Austen, un luogo in cui tutto è fatto per ricostruire gli scenari dei romanzi della scrittrice e (è solo suggerito) avere delle proibite storiacce con i paggi dal pacco grosso.
E' lì che Alla ricerca di Jane Austen entra nel vivo e dimostra di essere più di quello che può sembrare. Austenland è un luogo pieno di attori e nel quale agli stessi avventori è chiesto di recitare una parte per ricreare l'atmosfera, ma la maniera in cui Jersuha Hess (partendo dal libro di Shannon Hale su cui si basa la trama) fa avanti e indietro tra finzione e realtà, lasciando che lentamente i confini tra i due svaniscano che rende il film una parabola non comune sulla possibilità di vivere un sogno e il desiderio di avere in mano una realtà.