Le origini di Tom King: da appassionato di supereroi ad agente della CIA
Tom King racconta le sue origini di appassionato di fumetti, un amore divenuto poi la sua occupazione
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Da ragazzino ero un super-nerd, proprio da luogo comune classico. Non sapevo lanciare, non sapevo fare canestro, non sapevo correre. Avevo grandi problemi a socializzare. Mi sono sempre sentito diverso dagli altri. A quei tempi, per qualche ragione, i supereroi e i fumetti erano potentemente attraenti per quel tipo di personalità. Certamente lo erano per me. Ho iniziato a leggerli che avevo sette anni. I miei genitori mi compravano un albo ogni volta che compravano un pacchetto di sigarette. Oggi, che pochi fumano, sono convinto sia per quello che molti meno leggono fumetti. Il mio primo albo fu Avengers #300 e cambiò completamente la mia vita. Diventai dipendente e non ho più smesso di leggere.
Sin da giovanissimo, ho desiderato diventare uno sceneggiatore. I fumetti sono una lettura che ti spinge a voler partecipare alla creazione. Sono cresciuto a Los Angeles e mi ricordo di aver pensato spesso che, visto che la Archie Comics aveva la sede in città, li avrei chiamati per sapere se potevo andare a lavargli i pavimenti. Una volta lo feci. Risero molto. Avevo dodici anni. Ma ho sempre voluto far parte del mondo dei fumetti.Poi sono cresciuto. mia madre era una produttrice esecutiva agli studios, si occupava del marketing. Mi hanno cresciuto lei e mia nonna. Mia madre era convinta che essere un autore e, in generale, far parte del lato creativo dell'industria dell'intrattenimento fosse un terno al lotto, che fosse una carriera troppo poco solida. Volevo essere uno scrittore, ma lei mi proponeva di fare l'avvocato. Mi ricordo che un giorno mi disse che avrei potuto tentare di diventare uno scrittore se avessi preso bei voti a scuola. Ero certo che mentisse, ma funzionò. E, infatti, mi applicai moltissimo a scuola.
Ho fatto uno stage alla DC e alla Vertigo quando avevo circa vent'anni, lavorando con Cliff Chiang. Ero sotto di lui e Karen Berger. C'erano anche Joan Hilty e Axel Alonso. Ero il ragazzo delle fotocopie ed è lì che ho imparato davvero cosa sono i fumetti e cosa possono fare. C'ero quando sono uscite le prime pagine di 100 Bullets. Ero nella stanza in cui Axel Alonso parlò a Garth Ennis del finale di Preacher e di come fare a renderlo diverso da quello di Swamp Thing. L'anno dopo lavorai alla Marvel, come assistente di Chris Claremont, quando era sostanzialmente incaricato di rivedere quasi ogni sceneggiatura che usciva, per aggiungerci il suo tocco. In pratica, il mio lavoro era stare ad ascoltarlo mentre diceva la sua su quel che leggeva, su cosa funzionava e cosa no. Ero la sua cassa di risonanza.
Il tutto in un periodo di transizione per il Fumetto, che stava cambiando pelle mantenendo ancora grandi maestri del passato fra gli autori attivi. Roger Stern conviveva con Kevin Smith, in quegli anni, il che ha permesso a King di essere esposto a molti stili di scrittura diversi nei suoi anni più formativi. Poi, però, venne la bancarotta della Marvel. Fu allora che Tom si presentò al Dipartimento di Giustizia per trovare lavoro, iniziò a pensare alla scuola di legge e diede vita alla sua altra carriera.
Non ho mai smesso di leggere fumetti, ma lo nascondevo a tutti. Nessuno sapeva della mia passione. Alla maggior parte delle persone che incontravo dicevo di voler diventare avvocato ed ero abbastanza vergognoso del mio lato nerd. Sono cresciuto in un'era in cui era così. C'era davvero la paura di far sapere agli amici quanto fossi appassionato. Nessuno capiva e tu non avresti potuto spiegare.
Mi ricordo quando avevo quindici anni: una ragazza molto carina mi ha chiesto se poteva venire a studiare a casa mia. Roba grossa. Quindi sono corso a casa e ho chiuso a chiave e poi ho pensato che era un disastro, perché camera mia era piena di fumetti. Un poster della Legione dei Supereroi e un sacco di albi dappertutto. Strappai il mio poster, cacciai tutti gli albi nell'armadio e lo chiusi a chiave. Tentavo di ripulire la stanza dalla nerditudine.
Dopo tanto lavoro al Dipartimento di Giustizia e l'inizio della carriera alla CIA, all'indomani dell'11 settembre 2001, King si occupa di controllo della sicurezza per tutto l'arco dei suoi vent'anni. Sette anni di servizio di cui è onorato ancora oggi, sette anni di incarichi che ha amato. Agente operativo all'antiterrorismo, reclutava persone che potessero infiltrarsi nelle reti dormienti e progettava operazioni di controllo e contrasti. Ha lavorato in Iraq, in Pakistan e Afghanistan. E ha mentito a tutti quanti.
Durante quel periodo, onestamente, non pensavo che sarei tornato a scrivere e mi ero convinto che quella carriera mi fosse preclusa, un sogno che nessuno poteva realizzare. Persino al college avevo evitato accuratamente di frequentare le lezioni di scrittura creativa. Ci voleva fortuna per avere un'occasione di scrivere e non ho mai fatto grande affidamento sulla mia buona stella. Mi fidavo del mio talento. Sono molto presuntuoso, sul mio talento. Ci è voluto un po', ma poi le cose sono cambiate.
Fonte: Newsarama