Chrono Tintin #2: Tintin in Congo
Nella sua seconda avventura, Tintin si reca in Congo: una storia che sarà oggetto di dure accuse di razzismo
Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.
Tintin in Congo non ha ancora una sceneggiatura elaborata, ma come l'avventura precedente può essere descritto come una serie di scenette umoristiche, tra la pantomima e la comicità slapstick, affine ai film realizzati in quel periodo, prima dell'avvento del sonoro.
Il fumetto viene realizzato in bianco e nero, in una forma analoga a quella utilizzata per il viaggio sovietico di Tintin, ma arriva a noi in una versione decisamente più elaborata. Negli anni '40, infatti, l'editore suggerisce di aggiungere il colore e ridurre il numero di pagine; questa struttura non viene applicata soltanto ai nuovi episodi, con Hergé che deve rimettere mano alle storie già pubblicate (con l'eccezione di Tintin nel Paese dei Soviet, ritenuto troppo controverso dallo stesso autore) per uniformarle al suo stile caratteristico che nel frattempo aveva meglio definito.
Ma, dopo la Seconda Guerra Mondiale, anche questa seconda avventura del reporter belga diventa oggetto di dure critiche, accusata di razzismo nei confronti del popolo africano. In realtà, in modo simile a quanto avvenuto nella precedente, Hergé motiva questa rappresentazione ingenua sulla base degli stereotipi diffusi all'epoca: un peccato di gioventù a cui avrebbe potuto rimediare con una maggiore documentazione o un viaggio in prima persona nello scenario dell'avventura. Gli abitanti del villaggio congolesi sono chiaramente delle macchiette, una parodia esagerata costruita con innocenza, in cui effettivamente fatichiamo a leggere una cattiveria di stampo xenofobo, bensì una conoscenza superficiale di una situazione che, qualche anno dopo, sarebbe stata decisamente più chiara al di fuori del continente africano.
L'assenza di una sceneggiatura omogenea viene però risolta in parte nel finale, dove Hergé giustifica molte delle aggressioni subite da Tintin creando un filo conduttore: il mandante è infatti Al Capone, che vuole prendere il controllo del commercio di diamanti in Africa e vede la presenza del popolare reporter come una minaccia ai suoi traffici. In questo modo l'autore riesce a inserire un'anticipazione che fa da collegamento all'avventura successiva ambientata in America, dove Tintin si recherà accompagnato, come sempre, dal fedele Milou.
CHRONO TINTIN:
Chrono Tintin #1: Tintin nel Paese dei Soviet