Dylan Dog 364: Gli anni selvaggi, la recensione
Dylan Dog 364: Gli anni selvaggi ci racconta un altro tassello sorprendente della gioventù dell'Indagatore dell'Incubo
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Barbara Baraldi torna su Dylan Dog - dopo il fortunato esordio con La mano sbagliata - insieme a Nicola Mari, con il quale sembra essersi stabilita un'intesa privilegiata. Attraverso una passione comune, il rock’n’roll, i due autori riempiono un'altra delle non poche lacune della continuità narrativa dell'Indagatore dell'Incubo sorprendendoci piacevolmente. Non ci aspettavamo infatti che, prima di entrare a Scotland Yard, l'antieroe di Tiziano Sclavi avesse potuto far parte di una formazione a metà tra il punk e il metal: i Bloody Hell.
Si sviluppa e accresce soprattutto una trama impregnata dall'amicizia e dall'amore: conosciamo infatti un'altra donna speciale per l'Old Boy, Emily Pie. Con una perfetta operazione di retcon viene inoltre inserito nella continuity passata l'arcinemico del nuovo corso, John Ghost, attraverso la sua clinica privata di disintossicazione da droghe e alcool, oltre che dalla sua etichetta musicale.
Si tratta di una vicenda ancore fortemente legata alle elaborazioni del trentennale del personaggio, cosa che ci consente di indulgere riguardo quella che ci appare una non trascurabile fragilità di questo episodio: l'horror. Ci sono delle uccisioni e c'è un killer, ma il tutto si svolge in secondo piano, è ovattato. È come se il grosso del lavoro della Baraldi - eccellente la sua sceneggiatura - si fosse concentrato nel raccontare Dylan Dog piuttosto che una storia di Dylan Dog; per celebrare il suo importante compleanno.