Dylan Dog 362: Dopo un lungo silenzio, la recensione
Abbiamo recensito per voi Dylan Dog 362: Dopo un lungo silenzio, albo che segna il ritorno di Tiziano Sclavi sul mensile Bonelli
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
La mente viene risucchiata come in un vortice spazio-temporale e torna a quel pomeriggio di trent'anni fa, quando, come ogni giorno, stavo sbirciando i fumetti all'edicola della stazione, in attesa del bus per tornare a casa dal liceo. Al chiosco intravidi il primo numero di Dylan Dog, L'alba dei morti viventi. Mi colpì la copertina di Claudio Villa, quelle mani che sbucavano fuori dalla terra. Non conoscevo George Romero, e avevo solo una vaga idea di cosa fosse uno zombi, ma conoscevo la Sergio Bonelli Editore per Tex, Zagor e soprattutto Martin Mystère. Preso l'albo, lo lessi tutto d'un fiato, seduto sul pullman; mi costò una lunga passeggiata verso casa perché, immerso tra le pagine del fumetto, non scesi alla mia fermata, ma molto più in là, sognante e inebetito.
Sclavi e Casertano. Il tempo sembra non essere mai trascorso per il nostro Old Boy, e sarebbe bello se non fosse passato anche per me. Lo ha fatto, purtroppo: ero figlio e oggi sono padre, ero acerbo e ora brizzolato lettore. Capisco perché questa storia non possa appartenere al passato, ma solo al presente di Dylan Dog: la regia, la forza immensa del suo autore nell'arrivare dritto al punto, senza fronzoli, si è conservata intatta, ma il soggetto - così disincantato, intimo e coraggioso - è quello di un uomo maturo. È pervaso da una schiettezza senza compromessi, senza pudori, e sorretto esclusivamente dal desiderio di raccontare e di raccontarsi.
Per chi, come Dylan, ha forse trovato la donna della propria vita, qualcun altro - il suo nuovo cliente Owen Travers - la perde per sempre: davvero la gioia e il dolore nascondono le stesse insidie, annidate in una bottiglia, vomitate in un cesso?
Ecco Dylan Dog di Tiziano Sclavi oggi: tante domande come ieri, deliziose citazioni e una profonda malinconia, ma l'amarezza e la sfiducia nei confronti del prossimo non appaiono più un precipizio senza fondo. Il pessimismo dettato dalla fragilità umana, dai risvolti tenebrosi del suo animo, non appare più “cosmico”. Nel buio filtra uno sprazzo di luce, nel travaglio dell'esistenza la possibilità se non di un riscatto, almeno di pace.