Wacky Raceland #1, la recensione

Wacky Raceland rielabora il cartone animato in chiave Mad Max: è spiazzante, richiede qualche sforzo, ma ricattura il divertimento dell’originale

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Inquadrare Wacky Raceland per quello che è in realtà non è facile, un “problema” di partenza che hanno tutte le riscritture dei classici di Hanna-Barbera attualmente in corso in casa DC. Il dualismo è evidente: da un lato la curiosità di vedere personaggi come Scooby Doo, gli Antenati e compagni in storie dal taglio più adulto e dall’ambientazione meno edulcorata è molta. Dall’altro, vuoi per l’effetto nostalgia, vuoi per il “trauma” della transizione, le discrepanze tra il vecchio e il nuovo sono talmente forti che la sensazione di essere andati a scomodare, pur nella sua semplicità, un vecchio classico che andava lasciato com’era è difficile da ignorare.

L’impresa del team creativo di Wacky Raceland, composto da Ken Pontac e Leonardo Manco, è indubbiamente difficoltosa, in primis per la vastità del cast: nella serie di animazione originale si affrontavano ben undici veicoli, spesso con equipaggi composti da più di una persona: impossibile presentarli tutti in maniera convincente nel primo numero, che giustamente si concentra solo su alcuni dei protagonisti, nella fattispecie Penelope Pitstop, Dick Dastardly e Peter Perfect, che giustamente sono forse tra i personaggi più iconici e memorabili della vecchia serie.

Segue poi l’ambientazione, che in teoria dovrebbe essere il piatto vincente della storia: un mondo post-apocalittico alla Mad Max in cui i corridori si aggirano tra orrori, disastri ambientali, mostri fantascientifici e freak mutanti. Tutto ricreato alla perfezione, e a rigor di logica anche l’ambientazione più adatta se si vuole dare un contesto “dark and gritty”  a una gara automobilistica. Resta da chiedersi quanto abbia pesato il revival del genere suscitato da Fury Road, considerato quanto fedelmente l’ambientazione di Wacky Raceland sia ispirata a quella, e se il tutto sia nato solo per sfruttare l’onda lunga del successo della pellicola.

Fatte queste doverose premesse, a Wacky Raceland va riconosciuto un merito che lo pone al pari della serie originale a cui si ispira,vale a dire che è dannatamente divertente: Pontac decide di esordire con il più classico dei classici, vale a dire una rissa da taverna, alternando l’ipotetico momento di R&R con la telecronaca dell’ultima corsa appena conclusa, occasione in cui l’autore strizza abbondantemente l’occhiolino alla serie originale, tirando in ballo sia i trucchi da strada di Dick Dastardly che la vittoria soffiatagli all’ultimo momento. E se il bambino che è in noi non può non riportare un piccolo trauma nel vedere un Dastardly flirtare e fare pesanti allusioni sessuali a Penelope Pitstop, va riconosciuto che le interazioni tra le versioni adulte dei personaggi risultano verosimili e divertenti.

C’è spazio anche per un po’ di cosmologia e di costruzione dell’ambientazione, tirando in ballo il ruolo del misterioso annunciatore (anzi, annunciatrice) che avrebbe radunato i concorrenti promettendo al vincitore dell’intero ciclo di gare una via d’uscita dal mondo apocalittico in cui vivono per raggiungere una misteriosa Utopia, l’ultimo luogo “sano” rimasto sulla terra. Una trama a lungo respiro che forse può servire a dare un po’ di contesto e di  approfondimento in più, ma che forse si sforza senza che ce ne sia il bisogno di voler dare una spiegazione pseudo-razionale a una premessa assurda che il lettore ha invece già accettato di buon grado per quella che è.

Ottime, infine, le matite di Leonardo Manco, ricche di dettagli e spettacolari nelle inquadrature di taglio cinematografico: forse, come la sceneggiatura, anche le tavole soffrono un po’ l’effetto di “sovraffollamento” che il cast comporta, ma quando l’azione si concentra su scene limitate e personaggi ben precisi, lo stile sporco e violento funziona al suo meglio.

In conclusione: chi volesse divertirsi a vedere questa nuova incarnazione di Dick, Penelope e compagni troverà uno scenario inizialmente spiazzante, ma con un buon potenziale per le trame future. Chi invece volesse cercare semplicemente una storia in stile Mad Max senza curarsi troppo delle figure e della serie ispiratrice originale, forse è destinato a godersi il numero ancora di più.

Fedele al cartone a cui è ispirato, il primo numero di Wacky Raceland è un percorso turbolento, accidentato e vagamente surreale, ma in ultima analisi divertente e coinvolgente.

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