Star Wars: Han Solo #1, la recensione
Una corsa spaziale, un dilemma morale, nemici pittoreschi e azione sfrenata: in Star Wars - Han Solo tutti i pezzi sono al posto giusto!
Per contro, trascinando personaggi e storie in situazioni completamente inedite e lontane dai temi e dalle atmosfere dei capitoli cinematografici si rischia di snaturare eccessivamente l’essenza delle storie e di tradire certe aspettative che il lettore giustamente nutre quando apre le pagine di un albo di Star Wars.
In questo primo capitolo della storia, invece, tutti i pezzi che ci aspettiamo di trovare in un’avventura di Han Solo sono al loro posto: dal rapporto turbolento con Leia alla burbera saggezza wookiee di Chewie, dalla fama di “pezzo di ferraglia” del Falcon alle bettole malfamate dove di discute di nuovi incarichi, prezzi e voci di corridoio. Se però i pezzi schierati sulla scacchiera sono familiari, l’esito della partita è tutt’altro che scontato, e proprio in questo sta la bravura della vicenda orchestrata dall’autrice: lavorando su un periodo “delicato” della vita di Solo, quello in cui la nuova vena di eroismo e la volontà di aiutare la Ribellione sono ancora mescolate alle abitudini da contrabbandiere e alle piccole certezze che la “vita da canaglia” può garantire, il conflitto che va in scena è verosimile con quanto visto sul grande schermo, si adatta alla natura del personaggio ed è qualcosa in cui anche il lettore può immedesimarsi. E se è lecito presumere che la Ribellione in qualche modo “avrà quanto gli spetta”, la situazione allestita a inizio della storia è sufficientemente movimentata da lasciarci credere che non tutto andrà per il verso giusto.
Prima di concludere, vale la pena di segnalare un piccolo esordio per i patiti della continuity, quello di Airen Cracken, responsabile dei servizi segreti Ribelli, personaggio di un certo rilievo nel vecchio canone Legends, e che in questa occasione fa il suo esordio nella continuity odierna ufficiale, confermando il processo di recupero di molte figure del vecchio universo espanso.
Vale infine la pena di segnalare i disegni di Mark Brooks, da sempre grande appassionato di Star Wars, che fa un ottimo lavoro soprattutto nelle scene d’insieme affollate di alieni e nelle ambientazioni esotiche, rese con buon dettaglio e precisione filologica. Forse l’unico appunto, almeno a un livello totalmente personale e sindacabile, va fatto ai colori: in una storia ambientata nel mondo dei contrabbandieri, dei cacciatori di taglie e della “feccia” starwarsiana, una colorazione più sporca e torbida avrebbe forse reso meglio l’atmosfera giusta, mentre le tonalità vivaci e sgargianti di molte tavole forniscono una resa senza dubbio variopinta e sgargiante, ma forse troppo solare e pulita per una storia basata su spie, motori, contrabbandieri e corse spaziali.
Come vale sempre la pena di ricordare in questi casi, per un giudizio definitivo sulla storia sarà necessario aspettare gli sviluppi dei numeri successivi, ma almeno per quello che riguarda il numero #1, la partenza è delle migliori e Han Solo si candida, assieme a Lando, ad essere la migliore tra le miniserie individuali lanciate dalla Marvel finora.