Dark Horse, Mike Mignola sulla fine di Hellboy in Hell: Non escludo un ritorno
Negli Stati Uniti sta per uscire il decimo e ultimo numero di Hellboy in Hell: Mike Mignola parla del passato e del futuro del personaggio
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
A volte sento raccontare la storia secondo cui avrei proposto Hellboy alla DC prima di trovargli casa altrove, ma è una ridicola falsità. Da subito è stata la Dark Horse a chiedermi di realizzare un fumetto. Sono arrivato qui assieme a Frank Miller, John Byrne e tanti altri autori con cui abbiamo elaborato l'idea dell'etichetta Legend.
Abbiamo comunicato a Dark Horse che ci sarebbe piaciuto pubblicare i nostri fumetti con loro, e hanno accettato. Mike Richardson mi chiese cosa volessi realizzare e io dissi "Hellboy". Rispose che andava bene. Finita lì.
Non avrei mai proposto il personaggio alla DC o alla Marvel per un semplice motivo: una volta vidi i contratti che proponevano per i fumetti creator-owned ed erano davvero terrificati. Non so se siano migliorati, dato che sono passati tanti anni, ma ai tempi volevo lavorare per una casa editrice che mi avrebbe assicurato davvero la proprietà delle mie creazioni.
Si conferma, invece, la storia secondo cui il personaggio è nato da un bozzetto casuale realizzato per il programma di una convention. Un semplice mostro sotto cui comparve appunto la scritta "Hell Boy". Un'idea curiosa che riapparve un paio di anni dopo quando c'era da trovare un personaggio per un fumetto, che sarebbe diventato una pietra miliare e avrebbe cambiato per sempre l'estetica dei comics di un certo genere. Ai tempi, ovviamente, non c'era traccia della Mano Destra del Destino.
Sono cresciuto leggendo i fumetti di Jack Kirby e avevo la sensazione che quell'arto sarebbe stato un ottimo omaggio al suo stile. Era un po' come il martello di Thor, qualcosa di cui Hellboy aveva bisogno per colpire duro. All'inizio non avevo progettato nient'altro che un elemento visivo alla Kirby, ed è incredibile che per anni nessuno mi abbia mai chiesto da dove venisse o cosa significasse.
Finalmente, un bel giorno, scrissi la storia intitolata The Right Hand of Doom, che non era nemmeno una storia. Nessuno mi chiedeva della mano, quindi pensai di parlare solo di quella, in modo che i lettori iniziassero a farsi qualche domanda su quello strano arto ipertrofico e indistruttibile.
Se Hellboy è stato uno dei più grandi successi degli ultimi vent'anni e più, in grado di trascendere il media fumettistico ed entrare nell'immaginario collettivo, Mignola non ne aveva alcuna percezione all'inizio. Anzi, era convinto di aver fatto un grave errore nella scelta del nome e che Hellboy suonasse troppo stupido per il cinema, la TV e l'animazione.
Io credevo di aver scelto un nome troppo innocuo e buffo. E infatti ci furono problemi con gli studios che realizzarono il flm, che ritenevano il titolo poco accattivante e che alla gente desse fastidio la parola "Hell". Cosa che mi avrebbe trovato d'accordo se non fosse che proposero di cambiare il titolo per il secondo film. Il primo era andato bene, che senso aveva correre ai ripari con il secondo?
Le mie speranze, agli esordi del fumetto, erano semplicemente di fare abbastanza soldi da continuare a disegnarlo, ma nella mia testa, probabilmente, pensavo che sarebbe stata una miniserie e che sarei tornato alla DC a realizzare una nuova storia di Batman, dato che le mie prime erano state apprezzate. Ecco qual era, realisticamente, l'idea che avevo della mia carriera futura: lavorare per Marvel e DC e poi dedicarmi a progetti indipendenti.
Hellboy è una creatura del tutto mia, senza grandi influenze da altri autori. C'è molto di me in lui perché, non essendo uno scrittore, all'epoca, non avevo altro modo per far parlare il mio protagonista che chiedermi cosa avrei detto io nelle situazioni in cui lo avevo messo. Il suo aspetto fisico è modellato su quello di mio padre, anche perché ho sempre visto Hellboy come un personaggio più vecchio di me, più duro, più esperto. Come mio padre che era reduce di Corea e lavoratore artigiano, di fatica, con le mani callose e l'aspetto di un uomo a prova di proiettile.
Mignola non nega il sapore shakespeariano della storia di Hellboy, imputandolo a una sua passione da liceale per i personaggi di Michael Moorcock, scrittore britannico di fantascienza i cui protagonisti hanno sempre un tormento personale da affrontare. Tormenti che nel caso del suo personaggio sono legati alle profezie di sventura che gli gravitano intorno.
In definitiva, i primi quattro numeri di Hellboy in Hell avevano il ruolo di liberarsi di un sacco di zavorra e togliere di dosso al nostro eroe un po’ dei casini in cui lo avevo cacciato nel corso degli anni, in maniera che potesse tornare a camminare e divertirsi a passeggiare per l’Inferno che, a ben guardare, è un posto piuttosto interessante.
C’è un quartiere asiatico in cui imbattersi in mostri giapponesi, così come tanti altri luoghi in cui divertirsi a spaccare un po’ di musi. Poteva essere una grande idea per una miniserie di due o tre numeri, leggerina. A un certo punto, però, ho pensato che sarebbe stato divertente mettere Hellboy sulla via dell’uccisione di Satana. Questa prospettiva ha in qualche modo ingoiato la serie e ne ha alterato il corso. La storia è diventata più grande di quanto avessi progettato.
C’è un momento, nel numero #8 di Hellboy in Hell, quando lo vediamo seduto sotto l’albero a fumare una sigaretta, in cui ho pensato che fosse giusto concludere. Era la mia metà di disegnatore a parlare, a dirmi che avevo raccontato quello che dovevo, dal punto di vista visivo. Se fossi stato solo lo sceneggiatore della storia, avrei probabilmente scritto altri sette numeri. Ma essendo anche l’artista, mi sono detto che non avrebbero aggiunto granché. Mi sono limitato a dieci, in modo da arrivare a completare il volume.
E poi, anche se la storia si è rivelata del tutto diversa da quella progettata, sapevo che sarebbe stato importante riportare indietro l’ex moglie di Hellboy. Ha avuto un ruolo del tutto diverso da quello che avrebbe dovuto, che si è rivelato molto più interessante delle previsioni. Doveva tornare, dire di essere ancora sua moglie, tentare di regnare sull’Inferno assieme a lui. Una classica e banale storia da villain. Invece ha dato un senso alla sfida contro Satana, in modo imprevedibile.
Hellboy in Hell #10, nelle preview distribuite negli Stati Uniti, promette di mostrarci la trasformazione del personaggio in ciò che è sempre stato. Mignola non si sbilancia su cosa questo possa significare, ma garantisce che si tratta di qualcosa che da sempre ha saputo che sarebbe accaduto.
Farlo succedere per davvero è stato molto strano, diverso da qualunque cosa che abbia mai raccontato in passato. Una sensazione che ho già provato, a volte, scrivendo Hellboy, quella di rendermi conto che, se avessi detto una certa cosa, non avrei mai più potuto ripeterla. Mi sono chiesto se fosse davvero il caso e mi sono risposto che ne valeva la pena. Che diavolo!
Una cosa che posso dirvi è che non vedrete mai un reboot. Ne avete una specie su Hellboy and the B.P.R.D., dato che, mentre chiudo una serie c’è altro in ballo su quel fronte, con le storie che raccontano la vita del personaggio in un’era molto più allegra e spensierata, precedente alle profezie e al destino incombente.
Comunque non è detto che non ci sia un ritorno dell’Hellboy che abbiamo visto in Hellboy in Hell. Questo capitolo è finito, ma non è detto che non abbia ragioni per continuare la storia. Dopotutto, ho trovato il modo di continuarla nonostante il decesso del protagonista. Ma il fatto è che, quando un personaggio muore nel mondo di Hellboy, non fa altro che diventare più interessante.
Fonte: Comic Book Resources