Paperi 1-2, PaperUgo e PaperPaolo, la recensione

Abbiamo recensito per voi i primi due numeri della collana Paperi, intitolati paperUgo e paperPaolo, di Marco e Giulio Rincione, editi da Shockdom

Condividi

Cosa accadrebbe se i personaggi di fantasia che hanno contraddistinto l'infanzia di un po' tutti fossero realmente esistenti e vivessero in un mondo molto simile al nostro, se proprio non uguale? Come sarebbero i paperi e i topi della Disney nella loro vita quotidiana, postulando che le storie nelle quali li vediamo protagonisti fossero in sostanza il loro "lavoro", come attori impegnati su un set per dar vita a un intrattenimento in grado di allietare e divertire una giovane audience?

Sono probabilmente queste le domande che si sono posti Marco Rincione e Giulio Rincione quando hanno ideato la loro serie a fumetti Paperi, la quale, perlomeno al momento, si compone di due albi auto-conclusivi intitolati PaperUgo e PaperPaolo, editi da Shockdom. Quello che gli autori hanno fatto è dare vita a due protagonisti che "strizzano il becco" ai più famosi Paperoga e Paolino Paperino, per portarli poi in un mondo reale, adulto e violento nel quale farli muovere. Il risultato, più che positivo, è quello di avere due storie molto accattivanti, sia sotto il profilo narrativo che (soprattutto) grafico, contraddistinte però da grande amarezza e disillusione, oltre che da un contenuto molto esplicito, anche sotto il profilo sessuale, e sicuramente dedicato a un pubblico maturo. In sostanza, i Rincione hanno spogliato i loro personaggi di tutta la loro finta magia, rendendoli più umani che mai e mettendoli di fronte all'ineffabile crudeltà dell'esistenza. I due protagonisti delle storie prese in esame sono degli attori, schiavi di un padrone misterioso che li costringe a sorridere e fingere di essere felici per appagare il pubblico, vittime di un sistema malato dal quale, per loro, è oramai impossibile fuggire. Fa molto effetto vedere come i personaggi siano obbligati a indossare una vera e propria maschera, con tanto di becco finto sorridente e occhi giganti, per nascondere quello che giace al di sotto, ossia i segni che l'esistenza ha lasciato su di loro. Ma, tolta la maschera, terminato l'ultimo ciak, i due riprendono le loro miserabili vite, fatte di dolore, rabbia, frustrazione, disgusto. Che dire? Un'idea davvero particolare, ma anche due storie davvero crude, angoscianti e molto spesso persino disturbanti (e, si badi, questo non è un difetto, perlomeno secondo noi).

In PaperUgo abbiamo un protagonista schiavo della sua depressione, che lo obbliga a vivere ogni giorno trascinandosi da un luogo all'altro, desideroso solo di sparire e spegnersi, così da mettere fine alla sua insopportabile esistenza, che diviene sempre più pesante di giorno in giorno. A PaperUgo non va niente bene, e il protagonista è oramai così assuefatto a questa vita da non essere più in grado di lottare e ribellarsi, desiderando solo la solitudine e l'oblio, soffrendo di disturbi di molteplice natura, anche alimentare.

Diversamente, in PaperPaolo ci viene presentato un protagonista violento, sadico, arrabbiato con il mondo. Tutto il contrario della sua controparte Disney, in sostanza: nel cuore di PaperPaolo non vi è più alcuna bontà, ma solo frustrazione, che viene incanalata ed esplode in una condotta aberrante e perversa, anche sotto il profilo sessuale. In questa storia vi sono anche i corrispettivi di Paperina e Qui, Quo e Qua, rispettivamente moglie e figli (anche se nell'Universo Disney sono nipotini), prime vittime impotenti di cotanta violenza.

C'è qualcosa di follemente geniale in questa storia, e nelle sceneggiature di Marco Rincione: i testi dello scrittore sono cattivi, pieni di violenza e rabbia, emozioni delle quali il mondo e la società nella quale viviamo sono pieni. L'autore guarda alla realtà in cui vive e la parafrasa, forse catarticamente, ponendo noti personaggi di finzione al posto degli umani in questo contesto narrativo. I paperi sono per natura esseri simpatici, cordiali, allegri, e, nonostante siano spesso vittime, non perdono mai il sorriso. Ma cosa c'è nascosto davvero dietro quel becco?

A rendere ancora più uniche queste letture ci pensano di certo le matite e i colori di Giulio Rincione, i quali sono davvero, davvero accattivanti e pregevoli, e sono forse l'aspetto che attira di più di questi fumetti, perlomeno a una prima occhiata. Il crudo realismo con il quale l'artista ritrae i suoi personaggi e il contesto narrativo nel quale operano è spettacolare e spiazzante, oltre che sinonimo di una maestria e un talento di grande livello. Tra i tanti piccoli e curati dettagli di queste storie vi sono sicuramente gli occhi dei protagonisti, ritratti in una maniera tale da sembrare veri (e umani): negli iridi e nelle pupille dei paperi traspare tutta la violenza, la paura e la rabbia delle quali questi personaggi sono impregnati, e dalle quali non possono fuggire.

I fumetti della collana Paperi sono sicuramente qualcosa di abbastanza inedito, così come non adatti a tutti i palati. Ma non si può non evincere, come già detto, quanto siano originali e validi.

Continua a leggere su BadTaste