L'uomo che uccise Lucky Luke, la recensione

L'uomo che uccise Lucky Luke celebra i 70 anni del pistolero più veloce del west con una storia che lo reinventa in chiave moderna...

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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La tappa più importante delle celebrazioni del 70° anniversario di Lucky Luke è probabilmente la pubblicazione della storia realizzata da Matthieu Bonhomme, un racconto che abbandona i colori pastello e l'umorismo del fumetto originale, per trasformare la pistola più veloce del west in un personaggio più maturo e adatto al pubblico moderno.

L'albo si apre con un flashforward che ci catapulta nel climax della vicenda, quando un colpo di pistola fa cadere al suolo Lucky Luke privo di vita. È uno stratagemma narrativo che negli ultimi anni è stato usato abbondantemente, non sorprenderà il lettore più esperto, ma è comunque una chiara dichiarazione d'intenti sull'approccio con cui è stato realizzato questo omaggio a Morris, attraverso una narrazione moderna e per certi versi più matura. Il primo elemento che salta all'occhio è il tratto dell'autore, che pur essendo poco cartoonesco si adatta bene al personaggio e prosegue in modo originale la serie ufficiale, riprendendo alcuni elementi come i ricchi paesaggi, i buffi comprimari o le silhouette stilizzate. C'è un'occhio di riguardo alla regia, con inquadrature cinematografiche che rendono più dinamica la lettura, fino ad arrivare ai momenti che procedono il duello finale, un esplicito omaggio a Sergio Leone.

All'apparenza potrebbe sembrare che anche l'umorismo sia stato lasciato da parte, ma questo è vero solo in parte: Bonhomme toglie la parola al cavallo Jolly Jumper, i cui commenti sarcastici sono un tratto distintivo delle avventure di Lucky Luke, e limita la comicità slapstick per rendere l'opera meno cartoonesca. Ma c'è comunque un'ironia sottile, che si può riconoscere in piccoli momenti surreali; come quando il protagonista riesce a fermare con uno stuzzicadenti il calcio della pistola di un  suo avversario. L'elemento più paradossale con cui l'autore riesce a strappare più sorrisi nel corso della lettura è l'impossibilità di Lucky Luke di fumare, un tormentone per il quale ogni suo tentativo non va a buon fine, incappando negli ostacoli più improbabili. Si tratta di una gag che ironizza anche sul cambiamento avvenuto negli anni '80, quando al personaggio è stata tolta di bocca l'immancabile sigaretta per sostituirla con uno stelo d'erba.

Per chi non conosce il personaggio, L'uomo che uccise Lucky Luke è un interessante fumetto western, ma i fan di Morris potranno riconoscere determinati elementi ricorrenti nella serie. Fa piacere anche vedere il recupero di Laura Legs, già vista nell'episodio Regolamento di conti, oltre alla menzione di Bill Hicock di Calamity Jane; due citazioni che creano una sorta di continuity e lasciano intendere che chi scrive è un buon conoscitore del fumetto originale.

Ormai siamo abituati a vedere personaggi classici dei fumetti, del cinema o della televisione rivisitati in chiave più realistica e con atmosfere dark. Anche questo volume si può considerare facente parte di questo filone revisionista, mentre omaggia la pistola più veloce del west con stupende tavole e un approccio adulto che potrebbe portargli nuovi lettori o riavvicinare i fan storici che lo avevano abbandonato.

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