Blackbox vol. 1: Futura memoria, la recensione

Abbiamo letto e recensito per voi Blackbox vol. 1: Futura Memoria, il debutto del fumetto distopico di Giuseppe Grossi e Mario Monni

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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In un passato che, fortunatamente, non è il nostro, esiste una città in cui la sola cosa che conta sono le regole. E le regole, quando non contemplano altro parametro per stabilire cosa sia bene o male, sono spietate, intese nella loro purezza. Un concetto pericoloso, come asseriva tale Umberto Eco ne Il nome della rosa, perché essa non ammette compromessi, non è in grado di comprendere, men che meno di accettare punti di vista diversi dal proprio. Il che è esattamente quello che accade ad Ecrònia. Da secoli, la popolazione è addestrata ad affidarsi ciecamente alle norme stabilite, fatte di conflitto interno indotto, di guerra fra i padri e i figli, di abbandono dei legami affettivi e famigliari, di sacrificio forzato eletto a principale valore nazionale. Ogni genere di dolore è cosa buona, quando porta a un rafforzamento psicologico e fisico del popolo di Ecrònia. Imparare ad accoglierlo con gioia nella propria vita è l’unica strada per essere accettati e far parte della società.

Ovviamente, in questo mondo in cui una tecnologia bellica steampunk si accompagna a strutture sociali rigide da futuro distopico post-crisi apocalittica, non tutti possono essere a proprio agio con una vita come questa. Blackbox vol. 1: Futura memoria, segue proprio le vicende di una famiglia colpita dal conflitto. Isaac è uno degli agenti della città, votato a far rispettare le strettissime linee guida che ne regolano ossessivamente ogni aspetto, mortificando la libertà, la creatività, i sentimenti e la spontaneità delle persone. Addestrato sin da bimbo a seguire e amare la norma, è indissolubilmente legato a essa, ma non è più orgoglioso come un tempo. Sua madre, ormai cieca e molto anziana, obbedisce per mancanza di alternative. Dopotutto, è un ingegnere di grande talento e il sistema non permetterebbe mai a una donna dal potenziale tecnico bellico come lei di sprecare le proprie risorse. Ma il suo affetto materno è vivo e scalpita. Inoltre sullo sfondo, c’è la storia del fratello di lei. Perduto? Allontanato? Morto? O protagonista e vittima di un gioco psicologico infame e sottile come tanti a Ecrònia?

Questo esordio della miniserie Blackbox ci presenta una situazione molto interessante, concentrandosi, per mezzo di una narrazione decisamente posata e riflessiva, sui sentimenti e sul rodimento interiore di protagonisti principali e secondari. Nulla può mai essere come sembra in una società così strettamente regolata, poiché l’autenticità è negata per definizione dalle rigide imposizioni. Un aspetto che il racconto di Giuseppe Grossi coglie alla perfezione, mostrando con decisione la fatica quotidiana di vivere ad Ecrònia, strattonati dalla natura umana dura a morire e, contemporaneamente, dalla necessità, dalla paura, dall’abitudine e persino dall’amore per le sue leggi immutabili che, anche se accettate con entusiasmo dalle persone, non richiedono un minor prezzo e non paiono più clementi.

Non aspettatevi avventura, in questo capitolo introduttivo. Il ritmo è volutamente lento, la guerra che nutre la città come la soluzione dogmatica di ogni cosa rimane sullo sfondo, l’azione potenziale che l’ambientazione suggerisce rimane quiescente, forse in attesa di esplodere nel secondo volume. Una scelta coraggiosa e rischiosa, per questo debutto di sessantaquattro pagine, fatto di atmosfere visive oscure, di immagini quasi da decifrare, che scendono nel dettaglio degli stati d’animo dei personaggi, nelle pieghe più nascoste delle vite dei protagonisti. Le matite di Mario Monno e i colori di Gaetano Longo dipingono un mondo estremamente coerente, tra passato e presente, dentro tavole ben confezionate, ma non sempre di lettura agilissima.

Anche perché, in questo primo assaggio di storia, il non detto supera di gran lunga i concetti chiariti. Una scelta che richiede sempre enorme equilibrio e che in mano a esordienti, anche se non certo privi di consapevolezza degli schemi e delle tecniche narrative come gli autori di Blackbox, rappresenta un rischio e scatena l’annosa domanda al termine del primo numero: ci troviamo di fronte a un’architettura fragilissima, ma affascinante, oppure a un progetto che rischia di perdersi tra le fila di un mistero troppo intricato per essere sciolto in modo soddisfacente?

Impossibile rispondere, dopo la lettura di Blackbox vol. 1: Futura Memoria. Certamente l’idea di base si rivela avvincente e la confezione del volume non è priva di interesse, ma non ci stupiremmo se alcuni dei nostri lettori, magari quelli meno disposti a gettarsi a capofitto nei misteri e nella narrazione volutamente sospesa, con l’intento di far venire l’acquolina in bocca e di far attendere agnizioni e rivelazioni, non fossero disposti a dare fiducia alla seconda uscita di un fumetto comunque coraggioso. Noi, personalmente, faremo il salto e siamo curiosi di vedere se ci aspetta un cambio di passo di cui, onestamente, si sente il bisogno.

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