UT 1: Le vie della fame, la recensione

Abbiamo recensito per voi il primo capitolo di UT, attesissima miniserie di Paola Barbato e Corrado Roi

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Il prossimo 1° aprile, l'attesissima quarta miniserie targata Sergio Bonelli Editore esordirà in contemporanea in edicola e fumetteria; un evento storico per la casa editrice milanese. Tuttavia, chi ha avuto modo di partecipare a Cartoomics 2016 ha già potuto sfogliare il primo albo di UT, presentato alla fiera milanese con la splendida copertina variant di Jacopo Camagni.

Dell'impianto e dell'origine del progetto nato dalla mente di Corrado Roi e sceneggiato da Paola Barbato, dovreste ormai sapere già tutto. Cerchiamo dunque di entare nelle meccaniche di questo racconto che si pone immediatamente come il più complesso e ambizioso dell'intera collana. Non è un fantasy, come sottolineato dai suoi autori, e non ha neppure a che vedere con una distopia; per esserlo a pieno titolo dovrebbe esistere ancora l'uomo. In questa storia la nostra specie si è invece estinta da tempo per ragioni oscure e altre razze dalle sembianze antropomorfe l'hanno sostituita. UT appartiene a una di queste ed è una mente semplice: l'assistente, o meglio, il servo dell'entomologo Decio.

Le vie della fame (che conferisce il titolo alla storia) sono invece il regno dello spietato Caligari; chi finisce per questi luoghi rischia facilmente di finire preda di una qualche disperata creatura. Tutte quelle che popolano questo mondo sono accomunate da una fame atavica che le rende spesso aggressive o le spinge a ingegnarsi in maniera più sottile nel procurarsi il cibo.

Il fulcro della vicenda ruota attorno al misterioso e gigantesco Iranon, prima nascosto in una mastaba (antica sepoltura egizia a tronco di piramide) che UT aveva il compito di sorvegliare. Una volta fuori, confuso e frastornato, sotto il consiglio di Decio e la tutela del suo aiutante, si pone alla ricerca del diario di Hog, un manoscritto che può aiutarlo a tornare in possseso della memoria, della sua identità. Un'altra figura primaria è rappresentata dal gatto al quale il protagonista si affeziona in maniera maniacale e per il quale è pronto a tutto. Nelle dinamiche e lo sviluppo dell'episodio è il motore dell'azione, l'elemento che innesca la trama, di tavola in tavola.

UT è un elaborato strano, difficile da decodificare tramite gli algoritmi con cui siamo abituati ad affrontare la maggior parte delle opere bonelliane. È arduo riuscire a incasellarlo in un genere, e neppure in una commistione. La dimensione che più gli è consona è probabilmente quella della fiaba, a cui la Barbato si richiama nell'introduzione del brossurato. Ma dissentiamo da quanto ci ha anticipato insieme a Roi in merito ai contenuti: nelle pagine di UT l'umanità, attraverso sue forme e nei suoi simboli, non appare così lontana o assente. Decio indossa occhiali, è un entomologo, ci sono ambientazioni che ricordano molto quelle delle nostre città, seppur filtrate da una lente distroncente. Gli abitanti delle Vie della fame non sono poi così lontani dai reietti che popolano le periferie disagiate delle nostre metropoli, persone pronte a tutto per la propria sopravvivenza. Lo spirito della nostra specie è presente e pregnate in queste tavole attraverso le sue pulsioni più vere e incondizionate, perlopiù giudicabili violente ma talvolta tenere.

È ancora presto per pronunciarsi sulla logica e la compiutezza di questo fumetto, che con il primo episodio non ci ha convinto appieno, anche se la bravura e il mestiere dei due professionisti che lo hanno confezionato emerge senza mezzi termini: nella qualità dell'intreccio narrativo, nella maestria e nell'incanto dei chiaroscuri delle illustrazioni.

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