Cartoomics 2016: Corrado Roi e Paola Barbato presentano UT
A Cartoomics 2016, Corrado Roi e Paola Barbato hanno parlato con intensità e trasporto dell'ultima loro fatica: UT
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Un appuntamento molto atteso dai fan dei fumetti Sergio Bonelli Editore a Cartoomics 2016 era senza dubbio la conferenza sulla nuova miniserie UT, di Corrado Roi e Paola Barbato. Il primo numero, intitolato Le vie della fame e in edicola dal 25 marzo, è stato presentato in anteprima alla fiera milanese, impreziosito da una copertina variant realizzata da Jacopo Camagni.
Tutti e tre gli autori citati erano presenti all'incontro moderato da Giovanni Boninsegni (Ufficio Stampa Bonelli), che ha sottolineato l'eccezionalità editoriale dell'evento: UT 1 è infatti il primo albo Bonelli distribuito contemporaneamente in edicola e fumetteria. L'onore di iniziare la discussione è andato al responsabile del progetto, lo schivo Roi, in splendida forma, ma lontano da un festival del fumetto da parecchi anni:
UT, perché? Perché è un nome corto, perché ha più significati. Chi ha studiato latino sa che è una congiunzione, perciò nulla di meglio che un personaggio che lega tutta una serie di sostantivi. […] UT perché è l'antico do e UT perché aiuta anche la burocrazia della casa editrice; chi deve fatturare non deve scrivere tanto. […] Perciò è stata una scelta pensata, non è stata un'operazione casuale.
Ho dovuto fare delle scelte al momento opportuno. La prima scelta è stata Paola. Se non ci fosse stata Paola mi sarebbe stato difficile farmi capire, anche perché non sempre utilizzo un linguaggio adeguato, soprattutto per quanto riguarda il linguaggio dei fumetti. […] Poi, di conseguenza, ho dovuto anche aspettare il momento opportuno, perché le nostre miniserie, della casa editrice Bonelli, erano miniserie di 12, 18, 24 numeri e non ero in grado di gestire una tale massa di materiale, perché c'è sempre il grosso rischio di gestire dei buchi; i racconti sono un po' come le barzellette: una parola di più o una di meno e si perde l'efficacia.
Il primo abbozzo, la prima idea di ciò che era il nucleo di UT, lui l'ha avuto a 16 anni. Da quell'età e per un certo lasso di tempo ha raccolto idee, materiale, appunti, bozzetti, in maniera del tutto irrazionale.
Ma come è stata coinvolta in qualità di sceneggiatrice? Condividendo l'abitudine di lavorare di notte e la voglia di fare due chiacchiere con qualcuno è nata una collaborazione e una complicità profonda:
[…] Dieci anni fa [...] abbiamo cominciato a sentirci la notte per fare quelle due parole che spezzavano il lavoro […] mi raccontava frammenti di questo universo che aveva creato.
[…] “Va beh, ti mando quello che ho scritto”. Mi ha mandato tipo 200 pagine di qualunque cosa, dialoghi, scenari, sequenze, in maniera completamente sconclusionata. […] Lui la storia l'aveva in mente, io mi sono divertita molto però è stato un lavorone trovare i punti in cui improvvisamente due parti si congiungevano. E metti un pezzo qua e metti un pezzo là, abbiamo rimesso in fila tutto e a quel punto abbiamo cominciato a lavorarci in termini di soggetti, decidendo anche quanti albi. […] Alla fine sei numeri ci sembravano la misura giusta per raccontare tutto; sono sei numeri densi, dove succede tutto quello che deve succedere. È una storia che ha un'inizio e una fine, si nutre e si consuma.
La miniserie è stata dunque confezionata come uno storyarc autoconclusivo ma che non preclude un sequel, ha aggiunto la scrittrice:
Il “poi semmai vedremo” non è né escluso, né obbligatorio. La porta è aperta, però la storia è compiuta.
Veniamo ai personaggi principali, con Roi, a partire dal gatto:
È la risposta affettiva […] Non ci sono storie d'amore, ci sono figure che sono maschili e femminili, ma non sono né uomini, né donne: sono più una rappresentazione che un'essenza. Allora ho voluto utilizzare il gatto come motore dell'affetto, che chiunque può avere.
Per poi passare al protagonista su cui è stato molto schietto:
[…] UT in un certo senso l'ho dipinto come un pinocchio incazzato. È stolto, a tratti se mi è concesso, è un coglione […] vi potete aspettare di tutto […] e avete poco da imparare da lui.
In questo cosmo, l'uomo non esiste più e quel che resta della Terra è popolato da nuove specie antropomorfe, governate solo dai loro bisogni primordiali, ha argomentato la Barbato:
L'assenza dell'uomo non è soltanto un'assenza fisica, viene cancellato tutto ciò che è il meccanismo vincolato alle nostre strutture umane, ambizione, emotività […] salvo alcuni personaggi che sono un po' più evoluti. […] Ma in generale non esiste più tutto ciò che è riconducibile all'umano. […] Questo ha complicato molto le cose.
UT non è tuttavia un'opera drammatica, angosciante, ha chiosato Roi:
Non abbiamo trattato le cose in maniera tragica, le abbiamo trattate con ironia […] perciò troverete parecchie gag e parecchie situazioni inusuali all'interno della vicenda.
L'ambientazione non ha specifiche, potrebbe essere qualunque ma è stata ispirata dal luogo in cui vive e lavora il disegnatore: Laveno-Mombello, sul Lago Maggiore. Nella finzione, il lago è malato come corrotta è la Natura ed esaurita ogni sua risorsa. Sembra quasi un'eredità funesta, lasciata dall'uomo al pianeta, ma nulla si sa di come la nostra razza sia scomparsa e per quali motivi.
Fino al secondo e al terzo numero compresi, intitolati rispettivamente Le via dei mestieri e Le vie dei pensieri, verranno introdotte le figure cardine della trama e il loro contesto. Il tratto e lo stile saranno quello che tutti conosciamo e amiamo del grande interprete dell'Indagatore dell'Incubo.
Dal quarto, è stato chiarito, entreremo nel vivo della vicenda. Il segno cambierà notevolmente per tecnica e impostazione, assecondando esigenze narrative, sperimentali e creative e per instaurare un contatto diretto con il lettore.
Chiudiamo con le parole di Camagni sulla sua copertina, suggestive e invitanti alla lettura di UT:
Ho percepito una grande sensibilità nel personaggio, che è quella che mi ha colpito più di tutto. È proprio questo che ho cercato di trasmettere con la copertina e cioè, pur essendo un mondo terribile, c'è ancora del bello e il bello, paradossalmente secondo me, è nei suoi occhi.