Meka Chan, la recensione
BAO Publishing pubblica Meha Chan di Claudio Acciari, un volume che propone lo storyboard per un prodotto animato che probabilmente mai esisterà...
Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.
Cosa. Meka Chan racconta la storia di una misteriosa ragazza proveniente da un altro pianeta, dotata di una forza sovrumana e senza alcun ricordo del suo passato; arriva sulla Terra atterrando nel cortile di un anziano pittore, che si prende cura di lei e cerca di insegnarle come vivere tra la gente. Il corpo di Meka Chan è dotato di una caratteristica particolare: ogni sua azione nei confronti delle altre persone può modificarlo, evolvendosi lentamente in qualcosa di diverso. La trama, i personaggi, il ritmo narrativo e il character design riportano alla mente l'Hayao Miyazaki più avventuroso, quello di Conan, Laputa e Lupin, con qualche elemento di Leiji Matsumoto e Osamu Tezuka. La sceneggiatura e i disegni potrebbero benissimo essere stati realizzati 40 anni fa da qualcuno di questi grandi nomi nipponici, e se sulla copertina non svettasse un nome italiano sarebbero riusciti a fregarci facilmente.
Come definire dunque il volume pubblicato da BAO Publishing? È uno storyboard coi dialoghi, un esperimento che, per essere apprezzato appieno, chiede alla creatività del lettore uno sforzo superiore a quello di un fumetto "normale", sollecitando l'allestimento mentale di un cartone animato ricco di colori, colonne sonore, animazioni ed effetti speciali. Il rimando a quelle opere anni '70 è dichiarato e per chi è cresciuto con quelle serie non sarà difficile arrivare là dove Acciari lo vuole accompagnare passo dopo passo. La perplessità su Meka Chan, in quanto prodotto completo venduto sul mercato, è la cura con cui sono realizzati i disegni all'interno dei singoli riquadri: tutta l'opera è in bianco e nero, con tratti quasi abbozzati, personaggi stilizzati di cui si evidenzia soprattutto l'espressività in quella singola scena, fondali accennati soltanto con qualche linea minimale. Così sono gli storyboard e ne abbiamo visti a decine di questo tipo, ma ci sono stati proposti come materiale extra di un prodotto home video finito, uno sguardo indietro nel tempo a come un progetto è iniziato, per confrontarlo poi con l'evoluzione successiva. Qui invece ci dobbiamo accontentare di vederlo così, senza step produttivi successivi.