Thief of Thieves vol. 4: La lista, la recensione

Il quartovolume di Thief of Thieves, edito da Saldapress , è fondamentale per la saga di Conrad Paulson, in arte Redmond, il ladro più famoso al mondo

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Come vi avevamo anticipato, il 4 febbraio è uscito per Saldapress il quarto volume di Thief of Thieves: La Lista. È un capitolo fondamentale per l'epopea di Conrad Paulson, in arte Redmond, il ladro più famoso e accreditato al mondo. Si conclude in questo brossurato il complesso intreccio di avvenimenti che hanno introdotto l'amico e committente di furti Arno, la mafia italiana rappresentata dalla famiglia di Don Parrino e quella rivale latinoamericana del Cartello Messicano, capeggiata dal brutale e diabolico Lola.

Il fuorilegge, fin dal primo episodio, ha deciso di ritirarsi dal rischioso mestiere per cercare di recuperare la relazione con la ex moglie e con il figlio Augustus, che vorrebbe imitare le gesta del padre, ma non fa altro che combinare un sacco di guai a se stesso e agli altri. Per il bene del maldestro ragazzo, Redmond è rimasto in pista, nonostante abbia alle calcagna la brava e bella Elizabeth Cohen, agente speciale F.B.I. decisa a tutti i costi a dimostrare che Paulson e Redmond sono in realtà la stessa persona. Assistiamo così a uno strano rapporto fatto di rispetto e stima tra il malvivente e la poliziotta, che ricorda quello di una famosa coppia di antagonisti del fumetto nostrano, Diabolik e Ginko. A differenza della saga delle sorelle Giussani, quella creata da Robert Kirkman è molto più violenta e cruda nonostante il suo personaggio principale non sia inizialmente un assassino, come il Re del Terrore. Lo diventa (dimostrando fra l'altro di essere davvero spietato) proprio nell'albo in oggetto, in cui dà anche prova di essere un esperto di armi pesanti e di operazioni di guerriglia.

Thief of Thieves si afferma (sembra quasi noioso ripeterlo ma lo facciamo con piacere) come l'ennesima intuizione geniale del suo creatore, noto a tutti per The Walking Dead. Se nella principale epopea moderna sui morti-viventi ha voluto il controllo completo dei testi, qui è stato sperimentato il cosiddetto “writer's room”, metodo di scrittura collaudato sulla versione televisiva del suo capolavoro horror-zombie. Il modello si basa sul contributo di diversi sceneggiatori che possono offrire un diverso punto di vista alla storia, osservandola da angolazioni del tutto personali e operando variazioni su di un tema di base. Tutto viene sempre concordato e condiviso con la supervisione di Kirkman. In questo caso la firma degli script è di Andy Diggle che gestisce una trama più articolata rispetto alle precedenti run dei colleghi Nick Spencer e James Asmus, e lo fa con risultati straordinari, mettendo in campo tutto il suo mestiere. La serie originale Image evolve e da thriller e caper movie (Ocean's Eleven è stato sicuramente d'ispirazione) diventa azione pura, crime sottile e gangster-story potente, con grossi e inaspettati capovolgimenti. Il merito del successo di questo titolo entusiasmante va ovviamente anche al suo disegnatore fisso, Shawn Martinbrough e al colorista Adriano Lucas, artfici di atmosfere perfette per l'ambientazione e l'esaltazione di figure di contorno davvero notevoli, come l'assistente di Redmond, Celia, resa irresistibile da queste tavole. A impreziosire l'edizione italiana, si aggiunge la traduzione di un autore internazionale come Matteo Casali, capace di rendere al meglio i dialoghi dei protagonisti sulla scena, pensati sin dalla loro gestazione per un adattamento TV, in preparazione già da tempo.

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