Star Wars: Kanan, the Last Padawan #1, la recensione
Il Jedi rinnegato della serie animata Star Wars Rebels ha un passato più tragico e sofferto di quanto si pensasse, che affiora in una serie dai toni oscuri
Ne consegue che per poter capire a fondo gli intenti e le atmosfere della serie a fumetti è necessario inquadrare almeno a grandi linee la serie televisiva e il personaggio presentato in quella sede. Star Wars Rebels è la prima serie animata di Star Wars prodotta sotto le insegne della Disney, andata in onda nell’arco della passata stagione invernale (il finale di stagione è stato trasmesso negli USA nella prima decade di marzo) e narrava le gesta di un gruppuscolo di dissidenti in epoca di piena supremazia Imperiale, le cui azioni sarebbero poi sfociate nella nascita e nella crescita dell’Alleanza Ribelle cinematografica che conosciamo. A livello editoriale era il biglietto da visita con cui la Disney si presentava alle schiere di appassionati stellari, e questa formula ha dato origine un prodotto i cui tratti principali sono un recupero estremamente fedele e filologico delle atmosfere e dei temi della trilogia cinematografica classica e delle storie “family oriented”, che non hanno paura di presentare temi forti o situazioni drammatiche, ma si muovono comunque ampiamente entro i margini sicuri dell’intrattenimento universale per famiglie.
Se infatti Star Wars Rebels è ricca di rimandi e continue citazioni alla trilogia classica, quasi a voler “esorcizzare” nello spettatore il ricordo dei prequel, The Last Padawan ci offre invece una full-immersion nelle atmosfere e nei temi tipici della trilogia più recente: le Guerre dei Cloni, il cavalierato Jedi, i Separatisti e tutto quello che ruota attorno a quegli eventi. E se Rebels gioca sul sicuro fermandosi sempre a un passo dal travalicare i confini di sicurezza che lo separerebbero da scene forti e momenti inquietanti, Kanan promette di attingere a piene mani al “lato oscuro”, non tanto della Forza quanto dell’anima, ponendo le premesse per una caduta (a cui sappiamo che seguirà, col senno di poi, un parziale riscatto) di un Jedi giovane e inesperto il cui universo sta per essere letteralmente sconvolto.
Perché il primo numero di Kanan: The Last Padawan offre un’esperienza quasi estraniante, una visione idealizzata ed esaltante di qualcosa che idealizzato ed esaltante non dovrebbe essere, e cioè la guerra.
Un tocco particolarmente azzeccato - e crudele - è quello di dipingere anche un insolito quanto genuino cameratismo tra Kanan (che all’epoca si chiama ancora Caleb) e i cloni soldati che obbediscono ai comandi di Billaba. Weisman riesce a farci affezionare nel giro di venti pagine a un cast di comprimari e si ha l’impressione che sia Depa Billaba e i cloni comandanti dovrebbero accompagnare il giovane Caleb nel giro di molte avventure, per poi se mai uscire di scena in maniera drammatica ed epocale, al climax di un crescendo di emozioni. Niente di tutto questo, invece: il primo numero si chiude con la materializzazione minuscola e quasi discreta di uno spettro olografico che impartisce le parole fatali: “Eseguite l’Ordine 66”, e il mondo che avevamo imparato ad apprezzare e a conoscere assieme al giovane padawan viene spazzato via. La subitaneità con cui la tragedia irrompe in uno scenario apparentemente idilliaco conferma dunque che la caduta che trasformerà Caleb in Kanan è di altra natura: giocata in esordio la carta della caduta fisica, la serie promette quindi di incentrarsi sulla sua caduta morale. Un applauso quindi a Weisman sia per la bravura nell’orchestrare questo semplice ma coinvolgente meccanismo che nella scelta, che curiosamente allontana - e di molto - la serie a fumetti dai toni e dagli intenti della serie animata, facendone un “fratello maggiore” più cupo, più tetro e, almeno per ora, assai poco propenso a concedersi divertissement e scorribande euforiche come spesso accade alla banda dei Rebels nel “presente”.
A questo proposito va detto che forse risulta superfluo e anzi un po’ controproducente la “cornice” che ci mostra proprio Kanan e il resto dei Rebels nel presente, alternando le scene a bordo dell’ormai familiare Ghost con quelle del lontano passato di Kanan. Forse era una scelta inevitabile, sia per fornire le coordinate della storia al lettore casuale che per giocare sui contrasti tra passato e presente, ma la storia nel passato è sufficientemente coinvolgente e forte da trasformare le incursioni nel “presente” quasi come un fastidio indesiderato. Resterà da vedere se questo meccanismo proseguirà anche nei numeri successivi, e se sarà possibile trasformarlo da una debolezza in punto di forza.
Buona anche la prestazione di Pepe Larraz alle matite, con un tratto pulito e un buon “sense of wonder” nelle scene d’azione che contribuiscono a guidarci in modo convincente nell’epoca quasi mitizzata delle Guerre dei Cloni, e soprattutto a dare fattezze più umane e realistiche a un cast di personaggi che, non dimentichiamolo, finora abbiamo sempre conosciuto attraverso le fattezze stilizzate della grafica al computer.
In conclusione: un’ottima storia di esordio dai tratti cupi e drammatici, che compie la curiosa scelta di distaccarsi parzialmente dai temi e dalle atmosfere più solari e spensierate della serie animata a cui fa riferimento: chi cercasse in questa serie semplicemente delle ulteriori puntate di Rebels potrebbe restare spiazzato, ma coloro a cui stava stretta la dimensione “family-friendly” della serie animata saranno piacevolmente sorpresi.