Lo Scultore, la recensione

Recensione di Lo Scultore, graphic novel di Scott McCloud edita da BAO Publishing

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


Condividi

C'è un uomo che ha perso tutto all'inizio di una storia a fumetti. Un ragazzo, in realtà; un giovane che ha inseguito il sogno di diventare un artista di successo con grande convinzione e passione. Per un attimo ha anche afferrato il suo obiettivo, ma poi ha fallito. Ovviamente, fa un incontro inaspettato e inatteso, che sembrerebbe dargli una seconda occasione, un incontro magico con un personaggio del suo passato che gli concede un potere incredibile, in grado di realizzare finalmente i suoi sogni, tutti quanti, di tornare a volare, di fare arte come non ha mai potuto, come nessuno ha mai potuto, di mantenere finalmente la promessa che fece a suo padre, quella di farsi un nome, di non mollare, di realizzare qualcosa di significativo ed essere un grande scultore. Ma c'è un prezzo enorme da pagare, come in ogni patto faustiano che si rispetti. E quello che David Smith deve decidere se accettare o meno è il più classico dei patti faustiani. Dare la vita per la propria arte potrebbe diventare ben più che una frase fatta o una significativa metafora.

Se avete l'impressione che, come incipit di una storia, quel che avete appena letto non sia particolarmente originale, non avete per nulla torto. Lo Scultore di Scott McCloud, vorremmo sgombrare subito il campo da ogni dubbio, non è una storia originale. Per niente. Questo non toglie che sia una delle più belle ed emozionanti graphic novel degli ultimi anni. Spiegarvi i motivi è talmente semplice che diventa un'impresa, diventa molto complicato perché chi vi scrive, in certi momenti, non è immune al diffuso timore di risultare banale, di dire quel che è scontato. Non ricorda, a volte, che la Divina Commedia non è esattamente un'idea nuova nella letteratura del Medioevo, che Star Wars: Una Nuova Speranza non racconta nulla che non si sia già visto e sentito altrove e che insomma essere originali non è necessario per raccontare una meravigliosa storia né per scrivere una bella recensione. Sarebbe molto più importante risultare personali e veri. Sono spesso le forme e i modi a fare la differenza, non i fatti.

Scott McCloud, manco a dirlo, l'ha capito alla perfezione. Non è stato facile nemmeno per lui se è vero, come racconta, che gli ci sono voluti cinque anni per realizzare Lo Scultore, ma certamente ne è valsa la pena. Perché nella storia di David Smith c'è il simbolico romanzo di formazione di un cammino verso la fama, c'è un discorso toccante e controverso sul valore della notorietà e sui motivi che possono scatenarne l'ossessione, c'è il terrore antico e universale dell'anonimato, c'è una storia d'amore che non ha paura di essere scontata e per questo risulta totalmente genuina, c'è una riflessione accennata ma profonda sulla famiglia, sulle conseguenze dell'abbandono e della perdita, sul valore dell'affetto e sull'eredità che ci portiamo dietro quando i nostri cari non ci sono più. Se pensate che stiamo esagerando con le tematiche di questo libro, preparatevi, perché abbiamo appena iniziato.

McCloud condensa, nelle circa cinquecento pagine a dominante azzurra della sua splendida graphic novel, il ritratto di un uomo rigido, legato indissolubilmente alle sue promesse e ai suoi principi, risvegliando in noi antichi dubbi atavici che ci toccano più profondamente di quanto ci piacerebbe ammettere. Dubbi sul senso delle nostre scelte, sul valore di alcune di esse, per lo più di quelle che ci definiscono in termini d'identità. Ma davvero i miei principi, le mie promesse, le scelte che ho fatto perché "è giusto così" avevano un significato? Oppure sono state solo un modo per irrigidire l'esistenza, costringerla in modelli di comportamento, decodificare quel che in realtà è mistero ed è destinato a rimanere tale? In una storia che parla anche di morte come Lo Scultore c'è un'ovvia riflessione sul valore della vita e del tempo, sull'arte come strumento per cristallizzare la prima nel secondo. Ma parlando di arte fanno capolino anche tutti gli interrogativi sulla natura del giudizio estetico, sulla creatività, sull'ispirazione, sulle forme in cui dovrebbe manifestarsi lo sforzo artistico. In alcuni momenti struggenti, la vicenda di David ci spinge a riflettere sul perdono, sulla paura della solitudine, sulla nostra capacità di accettare l'irrazionale in amore, di lasciarci guidare dall'istinto e solo dall'istinto, di fare scelte folli pur di tener fede a noi stessi, di rinunciare a tutto.

E poi, ovviamente, c'è il rimpianto che deriva dalla consapevolezza che ogni decisione, dalla più piccola e quotidiana sino a quelle enormi, definitive (nel senso che ci definiscono) e spaventose, una volta presa non è più cancellabile, nonostante le sorprese della vita, le inaspettate occasioni di essere felici a cui avevamo rinunciato, la voglia di tornare indietro e prendere una strada diversa per giungere comunque al punto in cui siamo ora, con la speranza di prolungare la nostra permanenza o di cambiare la nostra traiettoria, in modo che ci permetta di rimanere un anno, un mese, un giorno o una vita in più assieme alla persona che amiamo.

Per capire come mai ci siano voluti cinque lunghi anni per realizzare questo fumetto, è sufficiente leggerlo e rendersi conto con stupore di quanto del mondo interiore di Scott McCloud vi sia contenuto, quanto dei suoi interessi di uomo e di artista. Un artista in forma smagliante anche dal punto di vista grafico e della narrazione per immagini. Chi ha letto il suo meraviglioso, fondamentale saggio metafumettistico Capire il Fumetto sa quale sia il grado di consapevolezza di McCloud quando si tratta degli strumenti della nona arte. In Lo Scultore ritroviamo tutta quella consapevolezza, l'amore per i particolari, la capacità di includere una scena in un contesto con precisione e semplicità, senza mai appesantire il ritmo del racconto, senza mai lasciarsi sfuggire il minimo dettaglio significativo. Il tratto e lo stile sono quelli noti, cresciuti negli anni rispetto ai tempi in cui leggevamo il suo Zot, ma perfettamente riconoscibili. La scelta cromatica dell'azzurro è un evidente setting emotivo che sottolinea la malinconia pervasiva della storia, ma contemporaneamente permette a McCloud di variare il tono a seconda del momento, discostandosi quando serve dal tono "blues" e lasciando spazio alla luce nei momenti più sereni e di gioia. Non è privo di speranza, Lo Scultore.

Ciò che invece manca del tutto sono i giudizi. Non ci sono buoni e cattivi in questa storia, anche se, in qualche modo, riesce ad essere persino un fumetto di supereroi (c'è una battuta meravigliosamente metafumettistica sui supereroi che ci ha fatto scompisciare, unico momento realmente comico del volume). Da grande narratore, Scott McCloud riesce a rendere Lo Scultore un fumetto terribilmente, a volte faticosamente, emotivo senza esprimere mai un giudizio di valore sui personaggi, lasciandoci liberi di esercitare la nostra etica e la nostra morale senza alcun moralismo. Dopotutto, questo splendido fumetto parla soprattutto di scelte. E, come spesso succede, non esistono scelte giuste o sbagliate, esistono solo le nostre. Le tue. Le mie.

Continua a leggere su BadTaste