Wolverines #1, la recensione
Sabretooth, Mystica, Daken, X-23 e Lady Deathstrike: il retaggio di Logan può vivere in loro? La risposta in Wolverines, la nuova serie settimanale Marvel!
E già quella “s” aggiunta in calce al titolo dà da pensare: perché siamo stati talmente abituati ad avere un Wolverine in circolazione (a volte anche troppo!) per ogni angolo dell’universo Marvel e ad avere una testata intitolata Wolverine che ora, improvvisamente, ritrovarsi senza Logan e con una testata che ne “scimmiotta” il nome dà l’idea di quanto le cose siano cambiate.
Questa è la premessa alla base della nuova serie settimanale a tema mutante, e cominciamo subito col dire che è una buona premessa, un modo intelligente di conciliare l’improvviso vuoto venutosi a creare con la scomparsa del grande protagonista di mille avventure mutanti con la necessità di non dimenticarlo.
I “nuovi esperimenti” di Weapon-X sono forse l’anello più debole di questa situazione di partenza: hanno l’ingrato compito di tenere testa a cinque “mostri sacri” dell’universo mutante, sono pressoché sconosciuti e in un cast così affollato fanno fatica a trovare spazi e momenti a sufficienza per distinguersi e per motivare il lettore a interessarsi a loro. Forse questo è destinato a cambiare nei numeri futuri, ma per ora fungono per lo più da deus ex machina per dare il via alla trama, e anche se Soule tenta di stabilire parallelismi, contrasti e contatti con i cinque Wolverines titolari, l’impressione è che ci vorrà del tempo prima che “buchino” la tavola e si conquistino un loro seguito.
Vanno molto meglio invece le cose sul fronte dei cinque protagonisti: Soule sottolinea in un’abbondanza di occasioni, com’è giusto che sia, i cambiamenti messi in atto dalla morte di Wolverine: si va da un Daken che riscopre un affetto e un rispetto postumo per il padre che in vita aveva tanto odiato, a un Sabretooth che vive una fase di redenzione e moralità (complici anche gli eventi di AXIS) a cui ovviamente tutti fanno fatica a credere. Percorso di riscatto analogo anche per X-23, che sente ora più forte l’appello a percorrere la via dell’eroismo, e Lady Deathstrike, la cui vita, senza più Wolverine, è diventata improvvisamente vuota del desiderio di vendetta che aveva animato ogni suo respiro. L’unica eccezione sembra essere costituita da Mystica, un personaggio che, come le sue stesse parole sottolineano, e in mutamento costante, e in cui quindi l’ennesima trasformazione non è altro che una fase tra le tante che l’hanno preceduta e la seguiranno.
Nella fase finale della storia d’esordio, la presenza spirituale di Wolverine trova anche un feticcio materiale in cui incarnarsi, quella del suo cadavere ricoperto in adamantio, la statua funebre divenuta lascito materiale e simbolo spirituale della sua dipartita. A reclamarla giunge prima una squadra di picchiatori che raramente ha incrociato il suo cammino con quello dei mutanti, la Squadra di Demolizione, e poi il suo mandante, l’implacabile Sinistro che naturalmente non può non avere le mani in pasta là dove esperimenti e alterazioni sui mutanti sono stati condotti. L’albo si chiude con Sinistro che reclama sia il cadavere di Wolverine che, in uno scontro tanto fulmineo quanto agghiacciante, un braccio e un occhio di Daken, lasciato a terra agonizzante in quanto privo del suo fattore rigenerante. Si definisce così quella che si presume sarà la “quest” portante del primo arco narrativo della serie, vale a dire il recupero del corpo incastonato nell’adamantio di Wolverine dalle grinfie di Sinistro.
Le matite di Nick Bradshaw disegnano scene estremamente nitide e pulite, forse perfino asettiche, ma proprio per questo motivo adatte a una trama che promette di immergersi a fondo nell’ipertecnologia, nella violenza e ai confini della scienza. E se per i personaggi principali vale quanto più sopra accennato a livello di caratterizzazione, per lo stesso motivo è indovinata anche la scelta dell’antagonista principale, Sinistro che curiosamente (a meno che lungo la strada non ci attenda qualche spiegazione) è riproposto nella sua versione classica, ignorando l’evoluzione nell’aspetto e nei poteri che Kieron Gillen aveva apportato nella sua gestione del personaggio.
È interessante abbinare la lotta per il controllo materiale del corpo di Wolverine a quella che il suo “retaggio” conduce nelle anime dei suoi cinque amici e nemici: fin da ora ci si chiede quando, come e in chi questi presunti cambiamenti in meglio arriveranno fino in fondo e chi invece rinnegherà l’influenza positiva di Logan tornando alle antiche usanze. Lascia qualche perplessità in più l’impressione di trovarsi su un terreno troppo tradizionale e di muoversi su schemi già visti: in un’epoca dove la Marvel sembra intenzionata a sovvertire numerosi capisaldi che sembravano intoccabili da tempo, come sta accadendo in Iron Man, Thor e Capitan America, una saga di stampo più tradizionale come quella che promette Wolverines potrebbe rischiare di apparire meno dirompente. Ma è vero anche il contrario, e i lettori di vecchia data potrebbero trovarsi ampiamente a loro agio nel salire a bordo di questa avventura fatta di mutanti dilaniati dalle ambiguità morali, di ipertecnologia che si fonde ai poteri genetici e di sinistri manipolatori che tramano nell’ombra. Wolverines ha una partenza solida e interessante: ora la speranza è che sappia alzare la posta e distinguersi nelle tappe future del suo viaggio.