Dylan Dog 340: Benvenuti a Wickedford, la recensione
Michele Medda e Marco Nizzoli aggiungono un altro tassello al nuovo corso di Dylan Dog, in questo Benvenuti a Wickedford: il nome di battesimo di Bloch
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Prosegue senza indugi il rilancio di Dylan Dog, voluto fortemente dalla Sergio Bonelli Editore e guidato da Roberto Recchioni. Dopo il pensionamento di Bloch avvenuto nel numero 338 e la presentazione del suo sostituto, Carpenter, in quello successivo, Michele Medda e Marco Nizzoli aggiungono un altro tassello al nuovo corso in questo numero 340 intitolato: Benvenuti a Wickedford. Si introduce ufficialmente nella continuity la piccola cittadina dove ha deciso di ritirarsi l'ex ispettore, con una sorpresa, o non più tale per i più curiosi: la rivelazione del nome di battesimo di Bloch. Ma procediamo per gradi e veniamo alla trama di questo episodio. Il vecchio amico di Dylan si perde nel tragitto per raggiungere il paesino di campagna (non così idilliaco come appare) e questa volta la sua sbadataggine sarà fondamentale per risolvere un mistero. Tre ragazzi di passaggio e diretti a un rock festival scompaiono nel nulla, vittime di un presunto mostro; l'unica superstite compone l'identikit del loro aggressore che sembra inchiodare Adrian, un genio musicale affetto da una variante della Sindrome di Proteo, la devastante malattia che rese famoso in tutta l'Inghilterra vittoriana, Joseph Merrick, ossia l'Elephant Man del film diretto da David Lynch nel 1980.
La firma completa, quella che più conta, si scopre grazie a Penelope, una signora del posto che dimostra un certo interesse ricambiato dall'ex ispettore. I commenti a favore e contro la scelta infuriano già in rete ma come ha spiegato Recchioni, si tratta di una decisione dello stesso Tiziano Sclavi. Non è un segreto che il papà di Dylan Dog supervisioni e avalli tutti i soggetti finora pubblicati a partire dalla svolta. Così fanno un poco sorridere le uscite di chi per snob o presunta competenza si appelli ai bei tempi andati. Che Sclavi sia Sclavi nessuno lo può negare, ma c'è ancora chi legge e si appassiona a The Amazing Spider-Man anche se a scriverlo non è più Stan Lee. Bando alla polemica che è da salutare sempre con favore quando è costruttiva, intelligente e non maleducata, lo sforzo per iniettare linfa rigenerante a un patrimonio del fumetto italiano va accolto con piacere. I risultati ci sono, soprattutto nella freschezza che deriva dalla qualità degli autori coinvolti, così come nelle varianti narrative sinora presentate. Ottimo il proponimento di arricchire e ampliare la saga aggiungendovi dettagli e riempiendone lacune, ma si può osare di più, inseguendo l'irriverenza del suo creatore e mostrandosi meno avari di spargimenti di sangue ed “effetti speciali”, soprattutto quando si vuole ammodernare il personaggio e il confronto è con temibili concorrenti esteri che oggi si chiamano The Walking Dead, American Vampire e le moderne declinazioni manga dell'horror, come L'Attacco dei Giganti e Tokyo Ghoul. Lo splatter è una sfumatura di genere che la collana dedicata all'inquilino di Craven Road ha dalla sua nascita ed è parte della sua fortuna e del suo fascino; nulla ha da invidiare ai fenomeni editoriali americani di Robert Kirkman e Scott Snyder ne a quelli giapponesi di Hajime Isayama e Sui Ishida. Dylan Dog è rinato, è tornato a crescere e non vediamo l'ora di rivederlo maggiorenne.