Bitch Planet: Kelly Sue DeConnick e la vita delle donne in carcere (nello spazio)

Dopo l'esordito in USA il 10 dicembre scorso e le reazioni entusiastiche di pubblico e critica, Kelly Sue DeConnick ci racconta Bitch Planet

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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[caption id="attachment_39054" align="alignright" width="195"]Bitch Planet #1 - copertina di Valentine De Landro Bitch Planet #1 - copertina di Valentine De Landro[/caption]

Che accadrebbe se donne criminali o presunte tali finissero in una colonia penale su un altro pianeta? Vi abbiamo dato sufficienti informazioni per ribattere a questa domanda... La risposta è: Bitch Planet, la nuova testata scritta da Kelly Sue DeConnick e disegnata da Valentine De Landro.

Image Comics ne ha pubblicato il primo numero in America lo scorso 10 dicembre e subito le reazioni di pubblico e critica sono state a dir poco entusiastiche. La storia è molto più di una distopia che descrive donne oppresse e uomini arbitri del loro destino; dopo un solo episodio è chiaro come gli autori abbiano voluto imprimere un impatto e significati molto più profondi alle loro tavole, particolarmente provocatorie e per nulla compiacenti, scomode anche per un pubblico maturo, a cui sono ovviamente rivolte.

Il loro scopo è infatti mettere a disagio il lettore e farlo riflettere. Vi proponiamo il meglio di un'intensa intervista rilasciata dalla DeConnick a Comic Book Resources, dove con estrema onestà ha illustrato i meccanismi della genesi della sua opera, i rischi e le responsabilità accettate per il suo sviluppo e l'orgoglio per quanto portato a termine, grazie anche al contributo fondamentale dell'arte di De Landro, senza lesinare qualche prezioso consiglio sul difficile mestiere di scrittore.

[caption id="attachment_39065" align="alignleft" width="195"]Bitch Planet #1 - disegni di Valentine De Landro Bitch Planet #1 - disegni di Valentine De Landro[/caption]

Innanzitutto l'autrice ha voluto spiegare quanto fosse diverso il soggetto da lei inizialmente pensato, dove erano previsti momenti divertenti e gag:

Avevo tutte le intenzioni di esagerare e andare oltre con Bitch Planet. Ma quando ho dovuto fare i conti con il trasporre queste idee sulla pagina, mi sono resa conto di quanto il cercare di essere divertenti fosse la cosa meno divertente. Ci vedo ancora dello humor tra le righe ma quello più ampio, sguaiato, sembrava proprio una forzatura. Non c'era modo di far funzionare tutte le gag che avevo intenzione di usare.

I toni del lavoro finito sono dunque lontani da quelli abbozzati in principio anche se rimane l'ispirazione originale, la voglia della scrittrice di affrontare il tema dello sfruttamento femminile utilizzando donne in galera e nello spazio, senza risultare ipocrita o politicamente corretta, ma la più spontanea possibile:

Sembra ci sia l'idea che tutti siano bianchi a meno che tu non specifichi altrimenti. Ho deciso di capovolgere la prospettiva... Ma ero alle prese con un fumetto sulle carceri e mi sono spaventata... Un cast di personaggi quasi tutti di colore dietro le sbarre... Volevo qualcosa di diverso ma non intendevo offrire il mio collo alla ghigliottina mediatica... Le donne di colore che finiscono in carcere sono tre volte tanto quelle bianche.

Non potevamo ignorare questa verità; dovevamo guardala direttamente in faccia e chiederci perché. Se quello non era qualcosa che meritasse una riflessione e una discussione in una storia di donne in prigione, allora avremmo disatteso tutto quello che ci eravamo promesso dall'inizio. Fare diversamente significava essere dei vigliacchi...

Si tratta di criminali non nel senso convenzionale del termine anche se conoscerete molte di queste donne che hanno commesso degli sbagli che si potrebbero considerare reati anche nella nostra realtà. Ho finito per innamorarmi perdutamente di tutte quante. Ero così terrorizzata dal fatto di essere una donna bianca che scrive una serie del genere, non so se rendo l'idea.

[caption id="attachment_39067" align="alignright" width="195"]Bitch Planet #1 - disegni di Valentine De Landro Bitch Planet #1 - disegni di Valentine De Landro[/caption]

Bitch Planet è stata ed è una sfida per nulla semplice ma dalla quale, ha continuato la sua artefice, deve emergere la sua concezione di cosa voglia dire scrivere:

Come scrittrice penso si debba fare affidamento sulla propria empatia, sulla capacità di vedere attraverso gli occhi degli altri. Bisogna essere in grado di creare personaggi con esperienze che non siano le nostre. Se non riesci a farlo standotene seduta in casa, devi uscire e osservare il mondo.

Quanti danni ha fatto l'insegnamento “scrivi di ciò che sai”. Non è sbagliato in sé come punto di partenza... ma penso sia da interpretare come "conosci ciò che scrivi", ossia cerca, informati. Devi dare spazio alla tua empatia. Non sono in grado di dare due dritte a qualcuno per dirgli come rendere una donna, bisogna trasformarsi in uno scrittore. Raffigurarla come un essere umano. Pensare come lei. Farle desiderare qualcosa. Nessuno mi hai mai chiesto come faccio a rendere un uomo... Lo si dà per scontato e c'è qualcosa di profondamente errato in questa visione.

Bitch Planet #1 - disegni di Valentine De LandroIl titolo in oggetto appare dunque più che un racconto di fantascienza, una metafora di problematiche molto attuali, purtroppo. Le donne sono spesso rinchiuse oggi nelle più diverse forme di prigioni, che negano loro la libertà di guardare e non guardare ciò che vogliono, di essere ciò che desiderano essere, di agire come gli pare:

Penso che non si debba per forza assomigliare a qualcuno in queste trame per sentirlo vicino. Io adoro Penny. È fantastica, sono follemente innamorata di lei ma non le somiglio nemmeno un poco. Non sono neppure come Penny. Lei è molto più forte e coraggiosa di me ma l'adoro e mi immedesimo profondamente nella sua rabbia. Ho terminato il terzo albo. Ogni tre numeri andremo a conoscere la storia di uno dei personaggi e le cause che l'hanno fatto finire in cella.

La stessa fisicità della donna tradizionalmente perfetta e provocante è stata stravolta dagli autori, anche quando si è trattato di rappresentarla nuda:

Avevo preso in considerazione l'idea di donne in tubi. Mi erano venute in mente le classiche scene dei film di denuncia sullo sfruttamento, le donne nelle docce dei penitenziari, e quanto la loro nudità risultasse provocante. Era una nudità volgare, morbosa. Volevo prenderne le distanze. Volevo che i loro corpi fossero corpi.

Ho parlato più volte con Val [De Landro], di come le donne dovessero avere sembianze differenti, taglie e caratteristiche distinte, muscolose, flaccide, con cellulite. Le volevamo di carne. Così ho cominciato con 'sta cosa delle donne nei tubi. È un espediente inflazionato nel genere fantascientifico ma mi affascinava.

Avevo in testa uno di questi corpi così massicci da premere contro il vetro e da qui è nata Penny. Volevo una donna molto corpulenta, che non se ne vergognasse per nulla, una tosta, che occupasse la scena e che non dovesse per forza adeguarsi alla solita idea di bellezza.

Bitch Planet

Fonte: CBR

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