Dylan Dog 338: Mai più, ispettore Bloch, la recensione
È il grande momento di Dylan Dog, lo è da diversi mesi, da quando è stato annunciato il suo rilancio in grande stile. Ecco la prima storia del nuovo corso
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
È il grande momento di Dylan Dog, preparato con pazienza da diversi mesi, da quando è stato annunciato il suo rilancio in grande stile. Oggi anche le cifre danno ragione alla Sergio Bonelli Editore. Dopo Spazio Profondo, che abbiamo definito il manifesto del rinnovamento voluto dalla casa editrice milanese, affidato a Roberto Recchioni, arriva la prima storia del nuovo corso: Mai più, ispettore Bloch. È un albo extra size di 112 pagine, perché non solo sancisce la svolta epocale, ma lo fa con un colpo di scena per la continuity: il pensionamento di Bloch. Gli autori, non poteva essere altrimenti, sono due tra i migliori in circolazione sul nostro mercato, Paola Barbato e Bruno Brindisi.
La Barbato intreccia una sceneggiatura esemplare, riuscendo a interpretare a suo modo e riproporre in maniera molto credibile, due peculiarità secondarie ma distintive del passato: l'elemento surreale e le citazioni. Il primo pervade alternando delicatezza e crudeltà, tutta la narrazione, facendo ritrovare al lettore affezionato la perduta verve sarcastica e macabra della gestione Sclavi. Appartiene a questa anche l'abitudine all'omaggio ad altre opere; facilitata dal genere scelto per questo numero 338, appare forse un augurio di buon auspicio la scelta dello stesso soggetto con cui esordì la testata: L'alba dei morti viventi. Altro riferimento che salta volutamente all'attenzione è quello al fenomeno del momento, ovviamente in tema, The Walking Dead, per non dimenticare la copertina di Angelo Stano ispirata ad Amazing Spider-Man #50.