Blueberry 1: Fort Navajo, la recensione

Martedì scorso è uscito II primo volume di Blueberry proposto da La Gazzetta dello Sport. Siete ancora in tempo per recuperare Fort Navajo

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Martedì scorso è uscito il secondo volume dell'opera di Jean-Michel Charlier e Jean Giraud, Blueberry, proposto da La Gazzetta dello Sport. Siete ancora in tempo per recuperare Fort Navajo, che ha inaugurato la raccolta dell'intera serie il 26 agosto passato al prezzo lancio di € 1,00, come i lettori di Badcomics.it sanno. Ne vale la pena. Nell'usuale, impeccabile introduzione di Fabio Licari, la saga è un “canone” del fumetto franco-belga e “sta al western come Asterix all'umorismo e Tintin all'Avventura”. Questo primo capitolo pubblicato in origine da Dargaud mezzo secolo fa, introduce il personaggio di Mike Donovan, alias Blueberry, sfruttando e romanzando il cosiddetto “Affare Bascom” che scatenò nel 1860 l'ennesima, tragica guerra Apache.

Mike è un formidabile giocatore di poker che non disdegna per nulla l'alcool, le risse e i saloon. Sa adattarsi e vivere ai confini della legalità quando non resta altra scelta ma ha principi e valori intoccabili, sacri, ai quali dedica da sempre tutto se stesso. L'onore, l'amicizia, la difesa dei più deboli e il rispetto del prossimo a prescindere da lingua, religione, etnia o idee politiche. È un sudista che è entrato nell'esercito degli Stati Uniti d'America contro i propri compatrioti, i secessionisti degli Stati Confederati, perché contro la schiavitù. È un personaggio semplicemente irresistibile soprattutto perché di una modernità strabiliante per gli inizi degli anni '60, un eroe disincantato e profondamente umano, un paradigma di paladino della giustizia che si sarebbe affermato nei comics americani molto tempo dopo.

Il brossurato in oggetto raccoglie le due storie originali, Fort Navajo e Tuoni sull'Ovest. Il tenente Donovan incontra quello che diventerà un suo grande amico anche se caratterialmente opposto a Blueberry, il parigrado tenente Graig, il damerino figlio di un generale dell'esercito nordista. Fa anche la conoscenza di colui che ha alimentato la fantasia degli autori nell'adattare il fatto storico al fumetto, il Maggiore Bascom, un ufficiale esaltato dalla carriera militare, che nutre un odio smisurato verso gli indiani. Oltre a questi compagni d'arme a Fort Navajo conosce il comandante in capo dell'avamposto governativo, il saggio Colonnello Dickson e il tenente Crowe, di madre pellerossa. La fattoria della famiglia Stanton viene massacrata da quella che sembra a una prima analisi un'incursione delle tribù apache della zona, guidate da Kociss. Il clima si surriscalda e il difficile equilibrio di pace e reciproca fiducia instaurato tra i nativi e i soldati dell'Unione viene messo a dura prova, soprattutto per un imprevisto che colpisce il colonnello Dickson e lascia il potere decisionale in mano al suo secondo, lo scellerato Bascom.

La narrazione scorre fluida. La trama è incalzante, travolgente, nonostante la classica gabbia alla francese che sfrutta quattro file di vignette di base e si adatta a un tipo di inquadrature che prediligono i paesaggi e le visuali in piano lungo e nel contempo sono capaci di fiammate ricche di dettagli e dense di dialoghi. Nella sceneggiatura esemplare di Charlier ogni elemento è essenziale, le didascalie quasi nulle e la lettura un assoluto piacere. L'arte ancora acerba di Giraud è lontana dallo stile che conosciamo nella maturità, in cui assunse lo pseudonimo di Moebius, ma è già in grado di dimostrare un'espressività straordinaria, un controllo completo di ogni tecnica nella realizzazione di qualsiasi soluzione narrativa.

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