Come nasce una locandina cinematografica?
Il graphic designer Daniele Moretti spiega e racconta tutti i segreti e la fatica che si nascondono dietro alla realizzazione di una locandina cinematografica...
Per tutti quelli che si nutrono di cinema, le locandine sono un oggetto affasciante, bramato e, molto spesso, collezionato. Ma quanto studio, quanta fatica e quanti segreti si nascondo alle dietro la realizzazione di questi adorati artwork?
Partendo da un suo lavoro, il final poster italiano di Dylan Dog - Il Film Moretti ci spiega il processo creativo che porta alla nascita di una locandina. Eccovi l'introduzione del suo excursus:
Da bambino pensavo che gli autori dei manifesti del cinema fossero i più grandi artisti mai esistiti in ogni tempo. Altro che Michelangelo. Altro che Van Gogh. C'era una tale potenza e contemporaneamente un tale realismo in quelle immagini che ne ero totalmente soggiogato. Mi affascinavano molto di più degli stessi film. Anzi, sapevo benissimo che poi, andando a vedere il film, non avrei trovato quella scena così eloquente, così simbolica che era rappresentata sul manifesto. In un'unica scena, rappresentata a tinte forti e drammatiche, era racchiuso molto di più di quanto il film mi avrebbe poi raccontato in un'ora e mezza." [di Milo Manara, da "Eroi di Mille Leggende", 1993- Grafis Ediz.]
C'è stato un tempo in cui la cartellonistica cinematografica italiana attingeva a piene mani alle bellissime e appassionate parole di Milo Manara.Tra gli anni '50 e '70 la produzione di film cresceva sempre di più nel nostro paese, e molti artisti, pur continuando nelle loro attività più artigianali, cominciavano a spostarsi verso la produzione dei manifesti per il cinema.
Lavori pittorici, complessi, che richiedevano una forte capacità comunicativa senza tralasciare mai la componente artistica e intellettuale di un dipinto. La capacità di inserire in un'unica scena l'essenza del film e fare in modo che anche i testi, spesso meramente commerciali, si integrassero alla perfezione nella composizione, non era un lavoro semplice ne veloce.
Dopo gli anni '70 le tecniche iniziano a cambiare, e la pittura comincia a lasciare il passo alla fotografia, ma non fu un processo immediato, e fino agli anni 80 troviamo ancora bellissime locandine dipinte. In realtà, la tecnica pittorica e manuale dei poster non è stata ancora del tutto abbandonata grazie ad artisti come Drew Struzan che continua a dare il suo contributo artistico con capolavori indiscutibili. Un po' come l'immortale piacere di ascoltare un pezzo in vinile piuttosto che in mp3.
Ma che una locandina sia pittorica o fotografica poco conta. Se un poster è bello è bello, se comunica, coinvolge ed è degno di rimanere nella memoria più del film stesso, non ha importanza come è stato realizzato.
Purtroppo in Italia, mi duole dirlo, siamo abituati a vedere lavori approssimativi e poco curati, dove un semplice scatto di scena viene accompagnato da testi messi altrettanto distrattamente senza neanche la cura di scegliere il Font giusto.
Vero è che la produzione italiana di film in Italia si ferma alle commedie e questo ne limita la diversificazione, vero è anche che le produzioni non sono mai così maestose da giustificare costi esorbitanti per la realizzazione di un poster, ma non ci si può nascondere dietro a un dito quando passione, gusto e arte vengono totalmente dimenticati.
Questa introduzione andava fatta per capire meglio come nasce veramente un poster cinematografico.
Dopo aver toccato, troppo brevemente, alcuni punti tra storia e polemica della professione possiamo passare a quello che forse ai più interessa: il processo creativo di una locandina.
A distanza di un anno dalla sua realizzazione il poster di "Dylan Dog - Il Film" è quello che più si presta ad accompagnarci durante questo percorso.
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