Addio a Laura Antonelli, simbolo dei mutamenti nella società italiana sanciti attraverso il cinema
Esisteva perchè aveva un corpo, e questa è la cosa più cinematografica che si possa dire di un’attrice. Con esso Laura Antonelli ha cambiato tutto
Nel momento in cui scriviamo non è chiaro né da quanto fosse deceduta quando la donna delle pulizie l’ha trovata, né quale sia l’esatta causa del decesso. Finita in una spirale autodistruttiva, di cui molti hanno abusato e approfittato a partire dagli anni ‘90, Laura Antonelli era rimasta sola e con poche sostanze, tanto che molti colleghi negli anni scorsi avevano chiesto per lei l’assistenza prevista dalla legge Bacchelli (un vitalizio che viene concesso ai cittadini illustri che si trovano in difficoltà). Tuttavia lei era la prima a non desiderarlo, chiedendo unicamente di essere dimenticata.
È stato il simbolo massimo di vitalità, il corpo sessuale, potente e desiderabile per antonomasia, in una fase determinante per l’evoluzione del costume italiano. Laura Antonelli è arrivata al cinema nel momento giusto all’interno del film giusto, in quell’attimo in cui esplodeva il mutamento di atteggiamento degli italiani riguardo la possibilità di raccontare e mostrare gli istinti sessuali. Forse anche per questo è rimasta a lungo legata alle disavventure del suo fisico ed è voluta scomparire quando questo è decaduto. Esisteva perchè aveva un corpo, e questa è la cosa più cinematografica che si possa dire di un’attrice.
In seguito alle rivoluzioni culturali europee di fine anni ‘60, il nostro paese cominciava a svincolarsi dall’oscurantismo religioso. Negli anni ‘70 tutto insieme scopriva il sesso al cinema (negli ‘80 l’avrebbe scoperto in televisione, in un allargamento ancora maggiore di ciò che è consentito vedere e quindi desiderare), attraverso pellicole softcore e commedie che alludono, mostrano e vogliono eccitare. Erano film realizzati spesso con una sciatteria tale da non riuscire ad essere eccitanti nemmeno con dei nudi, per questo forse Malizia, nel 1973, centrando un personaggio, un punto di vista e un tono si impone. Storia di una domestica e del suo rapporto di attrazione ed eccitazione con un vedovo e i suoi tre figli è un successo grandissimo di botteghino, frutta a Laura Antonelli un David di Donatello e un Nastro d’argento. Non solo la rende famosissima ma la eleva a quel simbolo di cui c’era bisogno: una donna altera e sensuale, un modello completamente diverso da tutti quelli proposti. Desiderabile come molte, era anche audace come poche in quel momento. Quando tutti si cambiavano il nome scegliendone uno più americaneggiante, lei passava al suo vero Laura Antonaz al più banale Antonelli. Una donna come tante altre.
Dopo il 1974 arriveranno molti altri ruoli, alcuni in opere più importanti e molti con autori più decisivi (ha anche lavorato con Mauro Bolognini, Visconti, Risi e Scola), che non si avvicinano nemmeno, per importanza, a quello. Poi ancora negli ‘80 le commedie commerciali. Finiti gli anni della liberazione sessuale al cinema italiano Laura Antonelli rimane priva di un ruolo definito, incapace di trovarne un altro è un’attrice senza personalità. Ci sarà anche un intervento di chirurgia estetica e poi l’accusa di essere stata rovinata da questo, ci sarà un processo per spaccio finito con un’assoluzione. Un lento decadere assieme al proprio corpo.
Ad oggi la sua presenza sullo schermo rimane uno snodo fondamentale della nostra cinematografia, uno snodo che esiste intorno ad una persona che per il resto della propria vita è stata identificata con il proprio corpo. Là dove tutti desiderano emergere con doti intellettuali (più presunte che reali), Laura Antonelli ha trionfato e ha aiutato a fare la differenza al cinema e nel costume del proprio paese solo con il fisico. Lungi dall’essere un tratto sminuente della sua carriera è anzi la dimostrazione che gli attori possono innovare, rivoluzionare, fare la differenza e dare un contributo fondamentale al cinema anche solo con l’uso che sanno fare della propria presenza.