Bad Movie - Mia Madre, di Nanni Moretti
Il Bad Movie della settimana è Mia madre, dodicesimo film di Nanni Moretti ispirato alla morte della mamma Agata Apicella. In Concorso al Festival di Cannes
Sogno o realtà? Mostro o Non Mostro?
Il dodicesimo film di Nanni Moretti non è da sogno. Ciononostante... è molto sul sogno. Grande presenza del mondo onirico della protagonista nel dodicesimo lungometraggio del cineasta romano tanto che torna alla mente il terzo lungo, ben più bello, Sogni d'Oro (1981) non solo perché, prima de Il Caimano (2006), raccontava le riprese di un film ma soprattutto perché il protagonista era già un regista (terza rappresentazione dell'irascibile e irresistibile alter ego morettiano Michela Apicella dopo Io Sono un Autarchico ed Ecce Bombo) in bilico tra sogno (dove sfoggiava la barba), realtà (baffi) e quella faticosa vita da set del suo problematicissimo La Mamma di Freud in cui tutti si baciavano, parlavano di sesso ed erano allegri tranne lui. Quella notevole commedia drammatica, o dramma comico, si chiudeva addirittura su note horror con Apicella che diventava nell'incubo finale quasi un Mr. Hyde stevensoniano dalle parti del lupo mannaro per inseguire una terrorizzata Laura Morante fuori da un ristorante urlando con la sua inquietante vocina stridula: "Sìììììììììììììì... sono un mostro... ma ti amoooooo!!!!!!!".
Moretti, sostanzialmente, chiede a Margherita Buy di interpretare Nanni MorettiTutto qui?
Tutto il film sembra svolgersi nel giro di un tempo presente fortemente limitato. È un collage di scenette senza nerbo e significato aspettando che la mamma muoia. Il fratello ingegnere trova le toppe che faceva mamma e compare sempre senza avere una vita propria, la figlia di Margherita torna da una vacanza in montagna, il film di Margherita ha delle difficoltà perché Barry Huggins non ricorda le battute, la madre sta sempre peggio, i sogni di Margherita si confondono sempre di più con la realtà. E' tutto estremamente superficiale, fugace e di prima lettura.
La famiglia del Mulino Bianco
Ma andiamo! Questo grande cineasta ci ha mostrato dinamiche familiari comiche, parossistiche, taglienti, interessanti. Da Ecce Bombo (1978) a Sogni d'Oro passando per La Messa è Finita (1985; quando la sorella comunicava al fratello Don Giulio l'intenzione di abortire lui alzava al massimo il volume di una radiolina che mandava Sei Bellissima guardandola truce; c'è uno stesso aumento di volume in colonna sonora qui per coprire il fastidioso vociare dei giornalisti durante una conferenza stampa) e arrivando al suo ultimo bel film La Stanza del Figlio (2001). Perché Giovanni, Margherita, il suo insopportabile ex perennemente bonario (Stefano Abbati), la figlia della regista finto scorbutica (Beatrice Mancini: uguale-uguale alla Jasmin Trinca de La Stanza del Figlio) e la mamma Ada (Giulia Lazzarini: uguale-uguale al Michel Piccoli di Habemus Papam) sembrano tutti usciti da uno spot de Il Mulino Bianco? Raramente abbiamo visto una famiglia così finta e di plastica al cinema. E' superata, forse, solo dall'insopportabile trio de Il Caimano Orlando-Buy-figlio piccolo. Il vecchio Moretti non inserisce mai qui un pizzico di conflittualità familiare. Qual è stato il rapporto tra Giovanni e Margherita? Qualche rancore del o dal passato? Niente di niente, di niente. Tutto il film è uno scambio di cortesie tra parenti civili e beneducati che sanno sempre sdrammatizzare. Si sente puzza di propaganda della propria vita lontana un chilometro. Magari tutto questo zucchero su grande schermo ha aiutato Moretti a esorcizzare e metabolizzare quello che deve essere stato un lancinante dolore personale. Ma come film... è tutto mortalmente irritante. Se siete diabetici... potreste davvero morire.
Noi Siamo Qui?
Una cosa che proprio non è un granché è anche il posto che occupa nel senso del film l'orribile film che Margherita sta girando. Noi Siamo Qui sembra una versione idiota di Crepa padrone, tutto va bene (1972) di Godard abitato da dialoghi vetusti, manifestazioni e scontri più finti del musical sul Vietnam girato in Sogni d'Oro dalla nemesi di Apicella Gigio Cimino e, dulcis in fundo, un padrone di fabbrica che parla come un cretino. Come può essere scambiato per essere un film importante da parte di una regista di grande talento? Moretti cosa fa? Sta criticando la stampa, il pubblico, il paese, e ovviamente anche i critici, che negli anni hanno esaltato un'incompetente? Non è chiaro. E' uno spunto buttato lì con un'incuria veramente assassina. La cosa non è sviluppata fino in fondo per mancanza di coraggio. Moretti fa autocritica? Margherita dice spesso una cosa agli attori che Moretti ha ammesso essere autobiografica ovvero di mettersi a lato del personaggio per avere uno sguardo critico senza appiattirsi intellettualmente sul testo come sosteneva anche Bertold Brecht. Se voleva prendere in giro la regista, e quindi anche se stesso, doveva andarci giù molto più duro. Peccato. Margherita poteva diventare la sorella radical chic, ma parimenti incapace dal punto di vista cinematografico, del produttore ex fascistoide Bruno Bonomo (che però sembrava un radical chic pure lui) de Il Caimano. Bruno re della serie Z (nella sua filmografia Cataratte, Maciste contro Freud e Stivaloni Porconi) e Margherita regina della sbobba impegnata brutta copia di Godard e Petri? Poteva essere... ma non lo è mai. Anche in questo caso il film è drammaticamente indeciso a tutto. Ma perché non ha affondato il colpo Moretti? Perché... se non vai fino in fondo nella tua provocazione cinematografica rischi di proporre solo un'idea di frivolo citazionismo da cinefili un po' rimbambiti.
Turturro Problem
Barry è il terzo attore che ha il ruolo del guitto scacciapensieri negli ultimi tre MorettiÈ lo stesso discorso legato al fatto che il film ha il braccino sul fronte metacinematografico (il brutto film che Margherita sta girando... è volutamente orrido oppure no?). L'attore con la pessima pronuncia italiana che non si doppierà perché l'autrice gira in presa diretta (come il povero Truffaut cerca di spiegare alla felliniana Valentina Cortese abituata al doppiaggio in Effetto Notte) sarà il sollievo comico di tutto Mia Madre. Il senso è: Turturro... facce ride' (alla romana). Barry è il terzo attore che ha il ruolo del guitto scacciapensieri negli ultimi tre Moretti (Placido ne Il Caimano; Cantarelli in Habemus Papam) e la sua prova parte bene per poi diventare noiosetta e ripetitiva come tutto il film. Soprattutto... perché non dare a Barry più spessore quando lui confessa a Margherita di avere un grave problema di memoria come la regista sta sperimentando con la mamma (la quale dice "fiacua" invece che "fiacca" e "blando" invece che "bianco")? Il parallelismo avrebbe consentito a Margherita di occuparsi dell'attore sul set come, e forse anche di più, della mamma morente in ospedale. Lo spunto avrebbe potuto far sviluppare con più forza il tema: Margherita vive la vita più sul set che non nella realtà. E invece no. Il povero John Turturro viene limitato da Nanni Moretti al ruolo del buffone per tutto il film. E questo ci ha dato fastidio. Ecco come è articolata la sua prova: 1) Turturro parla un italiano comico come Willem Dafoe non doppiato da Gifuni nel brutto Pasolini di Ferrara (e ancora: quando Margherita si lamenta di ciò ti viene da chiederti, di nuovo, se ci fa o ci è visto che l'ha scritturato lei; quindi torniamo a chiederci... lei è un'idiota o no?); 2) Turturro fa il presuntuoso e blocca sempre il traduttore sostenendo di capire l'italiano (il traduttore è protagonista di uno dei due momenti da risata del film); 3) Turturro ci prova con la Buy scambiandola per una driver (ma poi Moretti si dimentica di questa scena); 4) Turturro glorifica come un esaltato il mito del Cinema Italiano ("Portatemi a Via Veneto!!!!!!"); 5) Turturro si ubriaca a cena proponendo a Margherita di dirigerlo in un film senza senso; 6) Turturro, ovviamente, ballerà.
E' un personaggio troppo, troppo, troppo superficiale e strumentale per la risata facile.
Michele Apicella vs Nanni Moretti
Ripetiamo: quanto ci manca Michele! Dove l'avevamo lasciato? Perché non torna? Ti prego Michele... torna e picchia Nanni Moretti. Gli farebbe benissimo. Forse era morto dopo essersi ribaltato con la macchina nel finale di Palombella Rossa (1989). Il consueto mistero surrealista di questo un tempo bravissimo regista della rappresentazione semplice dell'assurdità (niente grandangoli, niente montaggio ad effetto, niente musica devastante) figlio delle placide stravaganze buñueliane di nonsense senza fronzoli come Il fascino discreto della borghesia (1972) e Il fantasma della libertà (1974). Nel finale enigmatico di Palombella Rossa, Michele Apicella forse moriva, forse no ma sicuramente era irriso, lui e la sua retorica posa su una gamba sola slanciato verso il Sol dell'Avvenire, da un se stesso bambino che rideva come un matto di tutta quella solennità ideologica degli adulti. Ci piacerebbe tanto che tornasse quel ragazzaccio. Ci sembrava molto più coerente il cinema di Moretti ai tempi di quel Paolino Paperino della Sinistra italiana, sempre incazzato, dannatamente divertente e autolesionista (infatti, forse, moriva pure in auto). Poi è arrivato il vero finto Nanni Moretti della svolta diaristica dell'autocelebrazione (la resurrezione dal cancro di Caro Diario e la nascita del figlio + vittoria del centrosinistra del '96 in Aprile), il bellissimo Giovanni Sermonti psicanalista il cui rigido mondo viene sconvolto da un'improvvisa tragedia ne La Stanza del Figlio, il vero finto Nanni Moretti de Il Caimano (che prendeva in giro Giovanni Sermonti; ci siamo sempre chiesti... ma perché?) e quel francamente insignificante psicanalista di nome Brezzi di Habemus Papam. Michele Apicella è il Mostro del finale di Sogni d'Oro. E' il Mr. Hyde. E' la punta di diamante del cinema di un uomo che non sa mettersi in disparte ma non riesce a far fare a nessun altro la sua parte (vedi la mancanza di cattiveria e personalità della Buy in Mia Madre). E' questo il problema del vecchio cinema di questo sessantunenne. Michele è il rimosso freudiano da nascondere sotto la sabbia. Ma allo stesso tempo l'ego dell'artista non lo libera dalla maledizione di doverci comunque sempre raccontare la sua vita sfruttando cinematograficamente malattie, nascite, soddisfazioni politiche e morti delle madri. Ma quando c'era Michele Apicella (che si chiama proprio come la mamma di Moretti Agata) tutto aveva un senso cinematografico migliore. Era un grande personaggio che trasformava il narcisismo in opportunità drammaturgica senza freni inibitori. Oggi, invece, è rimasto solo un vecchio sessantunenne sempre più fragile, spaventato, debole e terrorizzato, più che stimolato, da questa nuova fase della sua vita sempre più vicina alla morte. Un attore che ha bisogno di recitare nella prima scena di sesso della sua vita (una delle più brutte della Storia del Cinema) a cinquantacinque anni per dimostrarci chissà cosa (Caos Calmo, 2008). Un attore che parla nei film così lentamente come se dovesse spiegare qualcosa a degli imbecilli. E che sembra sempre altero, d'avorio, intoccabile e fortemente di propaganda. Abbiamo anche noi un sogno come quelli di Margherita in Mia madre. Che Michele Apicella torni come demone horror a tormentare colui che da giovane Savonarola è diventato vecchio papa corretto del cinema italiano (almeno Fellini voleva fare il ruolo del papa corrotto) rinfacciandogli tutte le sue ultime ipocrisie da cineasta della furbizia commerciale (Il Caimano, Habemus Papam) e del ricatto emotivo (Mia Madre). Non sarebbe un bellissimo film vedere Michele Apicella vs. Nanni Moretti? Sarebbe più avvincente di Batman vs. Superman!
Ada di nome e MacGuffin di cognome
Quando Moretti ha terminato il suo film a scenette dove i sogni non sono mai incubi, il supposto personaggio scorbutico fa le faccine ed è tanto simpatico, i fratelli si vogliono sempre bene, gli ex sorridono sempre agli ex e gli sfoghi sono all'acqua di rose... ecco che la mamma deve morire. Lucciconi, scena madre, battuta ad effetto ("A cosa pensi mamma?" "A domani"). Puro ricatto emotivo. Chissà cosa avrebbe pensato di tutto ciò Michele Apicella. Poi arrivano anche i testimoni esterni del morto (un po' come l'enigmatica Arianna nel finale de La Stanza del Figlio) nelle persone di due ex studenti che ci dicono quanto fosse fantastica quella donna. All'improvviso... ci rendiamo conto che non abbiamo saputo niente di quella donna. Che italiana era? In che paese aveva vissuto? Che tipo di rapporto aveva con Giovanni e Margherita? Che tipo era suo marito (inesistente per tutto il film)? Come era cambiata con il passare il tempo? La madre di Margherita non è un personaggio. E' un puro strumento per vendere al pubblico un nuovo pezzo di vita morettiana ovviamente artefatta perché filtrata dal linguaggio cinematografico. Che differenza c'è tra questo tipo di proposta audiovisiva e il più cinico cinema commerciale?
Hitchcock questi strumenti li chiamava Macguffin.
Moretti li chiama Ada.
Sua madre.